SIGLA!
A voi dalla Svezia i
Violent Divine, che nulla proprio c'entrano con i nostrani Vision Divine, essendo questi signori dediti ad un hard rock pesante e metalloso, che spesso ricorda molto da vicino i Nickelback, altrove si appesantisce e scurisce anche di più.
Ma il quarto album della band, a titolo "
Hyperactivity Disorder", è veramente difficile da portare in fondo: tredici brani fotocopia, con occasionali rallentamenti/accelerazioni nei bpm, ma con un succo che cambia poco: il cantante Mike spesso (ad es. nella track "
Heartbroken") usa questo vocione basso e profondo, ma qui il problema è che, tutto intorno, ci sono linee vocali e ritornelli tutt'altro che indelebili.
Le tracks scorrono via una dietro l'altra, tra una "
Temple of Love" lanciata a mille all'ora (fa un pò Motley Crue ma incazzati), ad una cadenzata "
Restart My Heart", forse il brano più piacevole del lotto, giù giù attraverso un mare di canzoni che faccio fatica a distinguere l'una dall'altra. Ed è questa sicuramente la vera pecca del disco: la band suona bene, è prodotta discretamente, ma le canzoni hanno poca personalità, o quantomeno ne trasmettono poca, facendo risultare i sound dei Violent Divine come già sentito mille volte e non particolarmente in grado di restare impigliato tra i neuroni.
Personalmente, la proposta non mi ha lasciato granché.
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