Grandi sensazioni e piena soddisfazione da questo
"The Reaper's Spiral" degli irlandesi
Terminus, un album d'esordio che, senza alcun preavviso, si propone come una delle migliori uscite dell'anno in corso.
Questo quintetto nordirlandese riesce a farsi notare riscoprendo, e reinterpretando, sonorità che rimandano ai Manilla Road, ma non si può evitare di citare i The Lord Weird Slough Feg di Mike Scalzi, peraltro anche loro pesantemente influenzati dalla creatura di Mark Shelton. Per continuare col citazionismo, si possono anche cogliere richiami a gruppi come Brocas Helm, Solstice e Domine o, guardando a realtà più recenti, Argus, Atlantean Kodex o Visigoth.
Un Heavy Metal caldo, potente, epico, che non scaturisce mai pacchiano o forzatamente derivativo, con effetti davvero sorprendenti pensando ai recenti natali dei
Terminus (si sono formati a Belfast solo nel 2012) e alla relativa inesperienza dei musicisti che ne fanno parte.
E di questi non si può ignorare la prova del cantante
James Beattie, una voce non particolarmente educata, ma oltremodo efficace e convincente nell'affrontare liriche che nella gran parte dei casi sono ispirate al "Ciclo della Fondazione" di Isaac Asimov, e comunque legate a doppio nodo alla Science Fiction.
Un episodio illuminante ("
... Shining through the darkness... ") come
"The Encyclopedists" con i suoi toni drammatici ed epici non può essere solo il frutto casuale di una band che pensando alla N.W.O.B.H.M. ha azzeccato il brano giusto, eppoi qui di canzoni giuste ce ne sono - mal contate - almeno altre otto.
Come non apprezzare le chitarre che introducono il cantato prima evocativo poi più fermo che caratterizza l'opener
"The Reaper's Spiral" oppure quelle che si accompagnano alla spinta ritmica della seguente
"The Psychohistorians", poi surclassata in velocità dall'urgenza di "The Traders" o dal pulsare metallico della battagliera
"Fortress Titan", altro momento vincente (
" ... Battle hardened, ready to strike... ") e avvincente dell'album.
"The Reaper's Spiral" è un disco che riscopre e recupera il Metal ottantiano, senza demagogia o falsi proclami, che non si lascia massacrare da una resa sonora non adeguata perché esageratamente iperprodotta e moderna oppure, al contrario, fin troppo polverosa e superata.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
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