Red Morris è
Maurizio Parisi, chitarrista bresciano classe 1966, arrivato dopo anni di gavetta e collaborazioni varie a incidere il suo primo disco solista interamente strumentale, dedicato alla moglie Rosa.
Affidandoci alla “fredda cronaca” della genesi di “
Lady Rose”, potrebbe quasi sembrare di avere a che fare con un prodotto spiccatamente “dopolavoristico”, realizzato per assecondare le velleità espressive (e affettive!) di un musicista “stagionatello” più interessato a divertirsi con gli amici che non a tentare di distinguersi in un panorama musicale
underground ormai davvero congestionato e schizofrenico.
Fermo restando che il “divertimento” è un aspetto auspicabile in ogni impresa artistica, il lavoro di
Red e dei suoi sodali, pur nei limiti di un’autoproduzione, è invece da elogiare per una certa professionalità e, soprattutto, per la buona dose di tensione emotiva che riesce a trasmettere, una dote non trascurabile nell’ambito delle ostentazioni da
guitar-hero.
Evitando virtuosismi fini a loro stessi, l’approccio alla materia del nostro è effettivamente piuttosto “maturo” ed equilibrato, lascia ad altri la tentazione di sfoggiare forme parossistiche di tecnica esecutiva ed esibisce comunque una notevole preparazione specifica, adeguatamente impastata con cultura e musicalità.
Così, nel corso dei trentatré minuti del disco, i primi nomi che mi vengono in mente da citare sono quelli di Gary Moore e Ronnie Montrose, “gente” che non aveva bisogno di suonare miliardi di note al secondo per dimostrare la sua straordinaria qualità.
L’ambientazione “epica” di alcune atmosfere del programma contribuisce, in qualche modo, ad accentuare gli accostamenti tra il linguaggio sonoro di
Maurizio e quello del succitato maestro irlandese delle sei corde, ma ciononostante non si ha mai l’impressione di omaggi eccessivamente devoti, a testimonianza di una certa personalità e di parecchio buongusto.
La pomposa e drammatica “
Golden angel”, una l
atineggiante title-track, la cangiante “
Mystery” (bello il finale
jazzato), le scorie di oscuro
hard-prog di “
Black's eyes” e poi ancora il clima brumoso e leggendario di “
Celtica” e lo spigliato
bluesaccio “
My life blues (go go)”, interpretano al meglio la passione e la naturalezza con cui
Red Morris intende la sua musica, per una proposta gradevole e abbastanza suggestiva anche in assenza di particolari “stravolgimenti”.
Keep on believin’ , man …
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