Allora, vediamo un po’ … Kyuss, Karma to Burn, Monster Magnet, magari pure qualche barlume di Clutch …
ah beh, poi ci sono anche gli immancabili Blue Cheer e Black Sabbath, autentici padri putativi del genere … se l’ascolto del loro “
MMXV” evoca tutta questa “bella gente”, quale mai sarà lo stile musicale proposto dagli
HYNE?
La coniugazione tra
riff densi e caliginosi,
groove ipnotici ed esplicito retaggio psichedelico (indotto da supporti creativi più o meno “legali” …), passato alla storia come
stoner rock è l’ovvia risposta al quesito iniziale e lo scoprire che il quintetto in questione proviene da Amburgo non sorprende più di tanto, in tempi di assoluta “globalizzazione” (ma va anche ricordata l’attività di una
label pionieristica come la Hellhound Records …), in cui ormai l’eventuale caratterizzazione “geografica” dei suoni è una faccenda ampiamente superata.
L’abilità della
band teutonica nel suo ambito di competenza è indubbiamente elevata, applica con accuratezza un po’ tutti i fondamenti tipici del settore e piace pure la sua capacità di spaziare, con discreta disinvoltura, tra le differenti sfumature di una categoria artistica assai rigorosa.
Eppure … manca ancora qualcosa … una “robetta” che non è semplicissima da spiegare, quella “scintilla” che distingue un ottimo interprete da un illuminato erede della grandezza dei “maestri”.
Bisogna anche dire, però, che i nostri a reperire questa misteriosa favilla, talvolta ci vanno davvero parecchio vicini: accade nella poderosa e magnetica
opener “
Black paint” (di notevole efficacia il
break psych), nelle bordate acide di “
Keep it low” (a tratti sembra quasi di sentire dei Cult in vacanza a Palm Desert …), nei cupi gorghi
heavy blues di “
The apprentice” e poi ancora nelle digressioni lisergiche di “
Into the sun”, tutto materiale di eccellente livello espressivo, in grado di collocare gli
HYNE su quella (non troppo frequentata ...) strada che potrà presto condurli ad un contributo veramente importante alla causa del
rock “allucinogeno”.
Il resto del programma è comunque piuttosto godibile (in particolare le pulsazioni cangianti, vagamente alla primi QOTSA, di “
Ride the snake”) e ci consegna una formazione sicuramente molto interessante, che merita di essere seguita con attenzione.
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