Né divino e tantomeno malvagio.
Ma un interessante
blend di Doom, Hard Rock e Stoner, il tutto con un approccio spiccatamente seventies.
Ecco quello che ci propongono gli svedesi
Sideburn, all'appuntamento con il loro quinto studio album, al quale di presentano con un nuovo frontman (impegnato anche alla chitarra), quel
Dimitri Keiski che condividono con gli Insania e vincitore (nel 2011) del "True Talent", un talent show svedese.
Il ruvido Hard Rock settantiano di "
Masters and Slaves" è un gran bell'avvio, sebbene con qualche effetto vocale di troppo, e pure qualche lieve incertezza da parte del già citato
Keiski sulle note più alte (rimarcate da "
Sea of Sins" o "
Evil Ways"), non penalizza un lavoro che ha dalla sua diversi assi nella manica, e tra questi la capacità di dare vita a canzoni convincenti e mai banali dove i
Sideburn mostrano di saper spaziare, pur negli angusti limiti del genere, come avviene con il Doom di "
When Darkness Calls" che poi si trova a cavalcare sulle onde di un efficace guitarwork, o in occasione di un paio di episodi davvero validi come le avvolgenti (e in odor di Candlemass e Saint Vitus) "
The Seer (Angel Of Death)" e "
The Day the Sun Died", quest'ultima dal passo quasi ipnotico. Maggiori velocità quelle espresse dalla sabbathiana "
Evil Ways" mentre la conclusiva e largamente acustica "
Presence" ci sorprende per il suo mood soffuso e gli inaspettati sguardi da parte degli svedesi a favore dei Led Zeppelin e - perchè no - dei Soundgarden.
Aiutati anche da una produzione calda e avvolgente che mette bene in evidenza tutto il loro feeling e passione, i
Sideburn danno alla luce... o meglio alle ombre, un album che merita sicuramente una chance.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
review
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