C’è qualcuno là fuori che rimpiange i Giuffria? Spero vivamente di sì … e laddove non sia sufficiente il ruolo “consolatorio” recitato dagli House of Lords, nel caso in cui la brama di “
silk & steel” non sia ancora del tutto placata, consiglio caldamente a tali sofisticati
musicofili di rivolgersi con fiducia al nuovo lavoro dei
Khymera, titolo “
The grand design”.
Divenuto ormai una creatura di
Dennis Ward (dopo l’iniziale e fondamentale coinvolgimento di
Daniele Liverani e di
Steve Walsh) il gruppo sforna una prestazione
monstre, indurendo leggermente il suono e colpendo con un
songwriting di prim’ordine, denso di
feeling e di melodie efficacissime.
La voce di
Ward, spesso non troppo distante dai registri del grande
David Glen Eisley e una sfarzosa pasta sonora, gratificata da arrangiamenti pieni e armonici, giustifica in qualche modo il suddetto accostamento e anche se
Eric Ragno non è il divino
Gregg, non si può certo ignorare il suo contributo a una suggestione sicuramente un po’
iperbolica e tuttavia a tratti abbastanza vivida e tangibile.
Aggiungete Journey, Honeymoon Suite, Harlan Cage, Giant e i favolosi White Sister e vedrete completate le plausibili fonti d’ispirazione di un programma davvero privo di debolezze, in cui convivono in parti uguali eleganza, vitalità e capacità adescante, elementi capaci di garantire una presa emotiva salda e costante.
E’ molto difficile isolare i momenti chiave dell’albo … tra questi direi certamente l’
opener “
Never give up on you”, frizzante e istantanea come pochi altri brani ascoltati negli ultimi tempi, e pure “
Tell me something”, che conquista anch’essa un’entusiastica citazione con il suo andamento incisivo, magniloquente e vaporoso, di enorme pregio.
Come si fa, del resto, a escludere dalla menzione la superba ballata “
Say what you want”, il
pathos Bad English-
esque di “
I believe”, l’ardore di “
Streetlights” e della Bolton-
iana "
Where is the love”, momenti di romanticismo non edulcorato, gravidi di pulsante forza interiore e rei d’inarrestabili brividi d’approvazione?
“
A night to remember”, poi, è uno dei motivi principali per cui ho deciso di azzardare nella disamina un paragone tanto “impegnativo” e non può proprio essere scartata dagli
highlight del disco, “
She's got the love”, la
title-track e “
Who's fooling who” sono gioiellini di
AOR scintillante e meritano una scrupolosa attenzione, “
Land of golden dreams” ha un’atmosfera melodrammatica (vagamente alla Ten) da
standing ovation e voglio segnalare pure “
Finally” per il suo gradevole tocco
hard-rock, immerso nel consueto empireo di raffinatezza e spumeggianti ambientazioni
adulte.
Come vedete, operare delle scelte era davvero
impossibile, proprio perché considero “
The grand design” una gemma irrinunciabile di
Pomp/AOR, tanto competente quanto emozionante.
Da avere assolutamente.
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