Nella mia ormai (
ahimè …) lunga frequentazione dei sinuosi meandri del
rock, c’è stato un tempo in cui sono stato assolutamente “rapito” dalla categoria discografica “
guitar heroes”.
Una passione alimentata anche da un periodo storico in cui tale tipologia musicale aveva raggiunto il suo apice di visibilità (grazie soprattutto all’encomiabile attività di
Mike Varney e della sua Shrapnel Records), ma che mi affascinava per la “sfida” stessa che rappresentava: escludere dalla proposta artistica il fondamentale ruolo “comunicativo” della voce umana e tentare di riuscire lo stesso a sollecitare il centro nevralgico dell’emozione, possibilmente anche quello dei non “addetti ai lavori”.
Sulla scia dei pionieri del genere (
Yngwie Malmsteen,
Tony MacAlpine,
Vinnie Moore,
Jason Becker,
Marty Friedman, …), tanta tecnica, spesso davvero invidiabile e tuttavia, complice anche l’inflazione fatalmente legata a ogni fenomeno di successo, pochissimi musicisti capaci di superare i confini di un’ammirazione di tipo “specialistico”, finendo per ingrossare le fila degli stucchevoli
onanisti dello strumento, francamente poco interessanti per tutti i
musicofili “generici”.
Ebbene,
Antonello Giliberto, chitarrista siracusano dal corposo e variegato
curriculum, con questo “
Journey through my memory” dimostra che si può ancora realizzare un prodotto essenzialmente votato al “
metal neoclassico”, senza per questo farlo diventare merce per iniziati o eccessivamente derivativa.
Supportato dal maestro dei tamburi
John Macaluso (Riot, TNT, Rising Force, Ark, …) e dal valoroso bassista
Dino Fiorenza (Maurizio Solieri, Nowhere, Mr. Pig, Lisa's Revenge, oltre a vantare collaborazioni con Steve Vai e Paul Gilbert …), il
musico siciliano coniuga notevole perizia e spiccato gusto compositivo, ostentando una musicalità e un’abilità nell’arrangiamento certamente ben sopra la media.
Attraverso un archetipo sonoro che privilegia atmosfere epiche ed evocative, il programma si snoda lungo dieci frammenti sufficientemente multiformi e costantemente equilibrati tra strutture portanti e
solos, sacrificando sul nobile altare della “forma canzone” le tentazioni virtuosistiche più plateali.
“
Demeter”, “
Endless labyrinth” (con un gran lavoro di
Fiorenza), "
First day lights at the monastery”, “
Flying with the dragon” e la celtica “
And won their freedom”, sono spaccati “gotici” pregni di
pathos, slancio e destrezza, mentre “
Enigma of eternal night” vola nel pensiero con la sua (vagamente
Blackmoriana) vaporosità acustica, regalando all’astante copiosi brividi di soddisfazione
cardio-uditiva.
Intrigante, infine, sebbene non perfettamente focalizzato, appare l’intermezzo medievaleggiante “
Avalon’s darkness”, il quale tra flauti, vocalizzi e sussurri, allestisce un tentativo solo parzialmente riuscito di sconfinare in territori d’estrazione
dark-ambient.
“
Journey through my memory” non è solo un “album di chitarre”, e dietro all'indubitabile
eroismo esecutivo del suo autore c’è tutta l’anima di un ispirato e sagace manipolatore delle sette note.
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