Copertina 6,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2005
Durata:50 min.
Etichetta:Drakkar
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. RAISE
  2. CHILD HAS GONE
  3. BREAKDOWN
  4. THE HERMIT
  5. DISHARMONIC DOGMAS
  6. CROSS & CRESCENT
  7. TEARFUL CLOWN
  8. UNBREAKABLE CORDON
  9. COMING TURN
  10. HIGH HOPES

Line up

  • Gilles Thiebaut: bass
  • Loïc Jenn: drums
  • Matthieu Kleiber: vocals
  • Bertrand Maillot: keyboards
  • Erwan Morice: guitar

Voto medio utenti

Heavy metal sinfonico (non eccessivamente accelerato) e gotico, suggellato da traiettorie prog, per i transalpini Karelia e per il loro secondo lavoro sulla lunga distanza (dopo un mini cd autoprodotto e appunto, il primo album “Usual tragedy” del 2004) denominato “Raise”.
I cinque ragazzi francesi, infarciscono spesso e volentieri le loro composizioni con porzioni di cantato lirico e con partiture orchestrali atte ad accentuare la grandeur delle loro canzoni, risultando alla fine come una sorta d’incrocio tra Nightwish, Therion e Rhapsody, addizionato a qualcosa di Edguy e Saviour Machine.
“Raise” è un disco che sembra fatto per piacere ad un pubblico piuttosto vasto, in grado di accontentare, viste le sue caratteristiche, sia i fans dello speed power più “moderato”, sia quelli del gothic meno “oscuro”, ma nonostante questo piuttosto volenteroso tentativo d’ibridazione tra generi molto popolari (qualcuno potrebbe parlare anche d’operazione di “cerchiobottismo”), il platter non convince pienamente a causa di un songwriting troppo omogeneo, in cui i brani finiscono con l’assomigliarsi un po’ tutti, non evidenziando grosse variazioni all’interno di una preparazione strumentale decisamente rilevante e di una “maestosa” nitidezza sonica, che non sempre, però, è accompagnata da un equivalente “equipaggiamento” emozionale.
Le stesse vocals operistiche tendono ad appesantire ulteriormente la prestazione del singer Matthieu Kleiber, il quale, nonostante un bel timbro (talvolta un po’ “querulo”, a dire la verità) e una discreta versatilità interpretativa, soprattutto nelle frazioni maggiormente malinconico/drammatiche, non riesce ad imprimere l’appropriato pathos ai brani del gruppo, che anche per questo, appaiono, alla lunga, troppo anonimi.
Il dischetto mostra il suo lato migliore in ”Child has gone”, contrassegnata da vocals femminili e da buone potenzialità commerciali, in “Breakdown”, con i suoi accenni progressive e in “Unbreakable cordon”, che dopo un preludio da “copione” si evolve in un’interessante slow song pianistica dagli stacchi energici e dalle belle armonizzazioni, sempre dominate dalle piuttosto argute tastiere di Bertrand Maillot.
Da segnalare ancora l’affascinante intro “Disharmonic dogmas”, dove la fusione tra aperture “ecclesiastiche” e sonorità arabeggianti conduce a “Cross & crescent” una track che appare, nel bene e nel male, un valido compendio dei connotati peculiari della band.
Chiusura affidata a ”High hopes”, cover in salsa gothic dei Pink Floyd (si tratta di uno dei brani migliori di “Division bell”, un lavoro gradevole ma decisamente auto-citazionista), con un Kleiber finalmente abbastanza convincente anche nella fase di contrazione dei propri registri vocali.
I Karelia sono, per quanto mi riguarda, sicuramente più appaganti dell’ennesimo clone di symphonic power tipicamente europeo e hanno scelto una strada che potrebbe portarli piuttosto lontano, ma per poter confermare le favorevoli impressioni, ritengo debbano incrementare in modo significativo la polimorfia della loro scrittura, disimpegnandosi dalle schematizzazioni attuali che riducono questo full-length ad un’occasione solo parzialmente centrata.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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