E siamo a tre... "Hordaland Doedskvad" chiude magistralmente la trilogia iniziata dal mastermind Hoest nel 1999 con il capolavoro "Nattestid Ser Porten Vid" e proseguita poi nel 2003 con l'altrettanto valido "Over Bjoergvin Graater Himmerik". Una triade che resterà per sempre negli annali del black metal, insieme a tutti gli album che questo genere hanno contribuito ad inventarlo. I Taake (in questo caso si può parlare di un vero gruppo, vista la presenza di altri tre musicisti e la collaborazione con Nattefrost e Nordavind) non avranno inventato nulla di poi così nuovo, ma hanno saputo miscelare e in un certo modo migliorare quegli elementi che stavano andando un pò perduti dopo la crisi della fine degli anni novanta. "Doedskvad" si pone quasi a metà rispetto ai due precedenti episodi, ripescando l'epica malinconia di "Nattestid" ed unendola a quella freschezza compositiva che aveva così ben caratterizzato "Bjoergvin". Come al solito le tracce sono molto lunghe, e non hanno un titolo: queste sono le caratteristiche con cui Hoest ama concepire sua musica, rinunciando ad imbrigliare le canzoni in canoni in cui non sarebbe in grado di farle rientrare. Lasciate libere di esprimersi, esse si dipanano e si evolvono in maniera talmente naturale da far pensare che si siano addirittura create da sole. Incalzanti, cariche, piene di tensione... non ci troverete un solo riempitivo, un solo cedimento. Anche se ormai la strategia di Hoest è stata abbondantemente svelata: inserire all'interno della parte più tradizionale di ogni pezzo uno stacchetto acustico o più melodico della durata di qualche minuto, dopo il quale riprendere il motivo iniziale. In questo modo le canzoni sembrano sempre varie, pur mantenendo la propria identità. In occasione del terzo ed ultimo episodio (esisterà ancora questo progetto d'ora in poi?) i Taake sembrano aver voluto lanciare la sfida a quei gruppi che il black metal, quello vero, non sanno più cosa sia: il romantico break pianistico alla "Stormblast" della prima traccia, e i folkeggianti riff di VI che sembrano usciti da "The Shadowthrone" o "Nemesis Divina" parlano chiaro... ancora una volta Hoest è riuscito a comporre l'album che tutti gli appassionati aspiranti di questo genere avrebbero voluto scrivere.
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