L’Islanda è stata sempre considerata la cenerentola dei paesi del nord e anche in ambito musicale metal questo pregiudizio non si smentisce. Però se teniamo conto che in quel paese vivono poco più di 320.000 abitanti possiamo affermare, e vi sfido a smentirmi, che il numero di band metal per abitante che sono nate in Islanda sono all’incirca le stesse di quelle nate in Norvegia! Se poi consideriamo che almeno negli ultimi 20 anni, ossia dalla comparsa dei
Sólstafir in poi, si sono formate diverse band di un certo livello, allora dovremmo rivedere i nostri preconcetti. Da tutta questa premessa avete intuito che i
Cult of Lilith sono una band islandese, ma mai come in questo caso una terra europea così lontana dall’Italia come l’Islanda è in realtà più vicina a noi di quanto si pensi. Terminando con questi giri di parole arrivo al dunque. I
Cult of Lilith formati dal duo
Daniel Thor Hannesson alla chitarra e
Jon Haukur Petursson alla voce, si servono, per la realizzazione di questo EP
“Arkanum”, di due italiani:
Alessandro Vagnoni dei
Dark Lunacy alla batteria e
Manuele Pesaresi dei
Dyne Engine Studio per la registrazione delle parti di batteria e il mixaggio finale del disco.
I
Cult of Lilith suonano un death metal misto a groove metal e si sono formati solo nel 2015. Pur non risultando lavori precedenti a carico dei due musicisti islandesi, devo dire che i due non se la cavano male. Anzi questo EP di esordio:
“Arkanum” mostra un’ottima abilità tecnica e compositiva del chitarrista
Daniel Thor Hannesson che è l’autore delle musiche dei brani, mentre le liriche sono a carico del vocalist
Jon Haukur Petursson. I cinque pezzi contenuti in questo EP pur rimanendo nell’ambito del death metal sono ricchi di variazioni e non risultano mai ripetitivi, hanno una durata che va dai tre minuti e venti secondi ai quattro minuti e mezzo. Le parti di chitarra ritmica sono abbastanza complesse con ritmiche serrate che spesso hanno la tipica timbrica del groove metal con un suono tendente al thrash, gli assoli sono ben realizzati e la voce di
Jon Haukur Petursson è ben impostata e risulta simile a quella di
Peter Wiwczarek dei
Vader. Le parti di batteria realizzate da
Alessandro Vagnoni si integrano alla perfezione con la musica e sono un valore aggiunto per la band. Alcuni brani come
“Abaddon” e
“Tomb of Sa'ir” hanno alcune piccole parti di tastiera eseguite perlopiù come arrangiamenti molto ben riusciti. Non entro nei dettagli di ogni singola traccia poiché il disco si mantiene su valori alti nel suo complesso ed è solo questione di gusti personali preferire un brano rispetto agli altri. Io ho trovato questo EP decisamente bello e fresco, suonato molto bene e ben mixato e pertanto promuovo a pieni voti questa band di Reykjavík che arricchisce il numero di band di valore dell’Islanda, anche per merito italiano.
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