I
Prophets of Addiction sono una band formata da
Lesli Sanders, uno dei vari bassisti che ha transitato nei
Pretty Boy Floyd. Questa band ha esordito qualche anno fa dando alla luce un album interessante intitolato
“Babylon Boulevard”.
Solo il nome
Pretty Boys Floyd, richiama subito l'attenzione di un certo tipo di ascoltatori, questo per merito del loro
“Leather Boyz With Electric Toyz” che ai tempi è riuscito a far breccia nei cuori di molti glamster ed è quindi abbastanza facile che gli stessi ascoltatori, amanti di queste sonorità, leggendo il nome di
Lesli si interessino e vogliano proseguire nella lettura approfondendo e cercando di conoscere questo novo progetto. Che poi non è altro che quello che ho fatto io.
L’album in questione è distantissimo dal famoso esordio della band capitanata da
Steve “sex” Summers e pur rimanendo all’interno dello street/glam, le sonorità sono di tutt’altro tipo. Se
“Leather Boyz With Electric Toyz” era un album fresco e divertente, quelle caratteristiche non sono la parte predominante di questo lavoro.
Le aspettative che avevamo riposto in questa band erano proprio di ritrovare quelle sonorità allegre ed un po’ ne rimaniamo delusi, almeno al primissimo ascolto. L’album infatti contiene dieci tracce che rimangono all’interno del glam-street, ma non hanno quella marcia in più che avevano i
Pretty Boy Floyd. Semplicemente perché il mood dell’album è diverso. Ci troviamo di fronte ad un lavoro che può essere avvicinato alle produzioni meno gioiose degli
Hanoi Rocks con un cantato vicino a
David Bowie ed in alcune parti addirittura a
Peter Steele “As We Fall” è il brano d’apertura è semplice e carino,
“Welcome To The Show” mantiene la carica e fa battere il tempo con il piedino, ma poi ci si perde. Non esiste una colpa vera e propria se non l’aspettativa sbagliata. Quindi ripartendo dall’inizio ed azzerando le aspettative riusciamo ad apprezzare un po’ di più questo lavoro.
“Kings and Queens” ha un cantato vicinissimo al Duca Bianco e pur dando una sensazione di “storto” e contenendo un assolo che sembra fuori dal contesto, alla fine si fa apprezzare. Anche
“Postcard From The Grace” passa tranquillamente la sufficienza per merito di un chorus divertente e una strizzata d’occhio verso il punk. Diventa molto difficile consigliarvi un album di questo genere, parliamoci chiaro, non è brutto, ma ha poche canzoni che emergono ed alla fine tutte e dieci le canzoni riescono a rubare un sei striminzito.
Togliamo
“Reunite The Sinners” e rimettiamo ancora una volta nel lettore cd
“Leather boys…” perché la voglia di divertirci non è stata soddisfatta.
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