Terzo album per i capitolini Kaledon, ormai giunti allo status di band culto del panorama power italico e non solo, dato che un po' i successi ricevuti dai primi due episodi della saga "Legend of the Forgotten Reign" ed un po' la partecipazione del famoso drummer Jorg Michael, già in forza agli Stratovarius, Axel Rudi Pell, Running Wild e molti altri, hanno esteso il nome dei Kaledon oltre i confini nazionali.
Oltre a quella di Michael, la seconda novità è rappresentata dalla produzione che è stata stavolta ottenuta agli Outer Sound Studios di Peppe Orlando dei Novembre e che ha conferito una notevole aggressività e brillantezza al sound della band di Alex Mele; dunque, le premesse dello studio report realizzato a Gennaio 2005 sono completamente andate a buon fine, anzi al termine del disco possiamo pienamente affermare che il nuovo "The Way of the Light" sia davvero un ottimo album, decisamente migliore del precedente "The King's Rescue", e all'altezza dello stupendo debutto "The Destruction", anche se naturalmente oggi ci troviamo di fronte ad una band molto più competitiva, affiatata e matura, sia dal punto di vista del sound che del songwriting, pur avendo mantenuto inalterate tutte le qualità e le peculiarità che da sempre formano il marchio di fabbrica dei Kaledon.
"Inexorable Light", già conosciuta in preascolto a gennaio, viene usata come opener e la scelta risulta perfetta, grazie all'epica e maestosa introduzione che ci conduce davvero in maniera trionfante nel terzo capitolo della leggenda del regno dimenticato, con un Claudio Conti in forma superlativa e dei chorus davvero ben curati ed efficaci, contribuendo così a formare una grandissima hit che dal vivo promette davvero fuochi d'artificio. Sullo stesso piano si pone la successiva "Glory Starts", un pezzo veloce ed aggressivo, con delle ottime tastiere a supporto e basato su melodie coinvolgenti ed epiche che ne fanno uno dei brani migliori del disco. La delicata (ed ispirata) strumentale "The Angel" ci introduce ad un altro pezzo già ascoltato a Gennaio, ovvero "The Hidden Ways" che conferma le impressioni già avute, ovvero un brano piuttosto canonico che si segnala per il bel ritornello ed i taglienti assoli, sicuramente il pezzo forte di un concitato quanto entusiasmante finale; stesse caratteristiche per il particolare mid-tempos "In the Eyes of the Queen" che però forse la tira un po' troppo per le lunghe, e per la successiva "Mighty Son of the Great Lord" che restituisce velocità all'album, anche se non possiede la brillantezza dei brani iniziali.
Fortunatamente la fantastica "Voltures in the Air" (senza dubbio la canzone più bella del disco, davvero ottima sotto ogni punto di vista!), la possente e mastodontica "Lord of the Sand" (già ascoltata durante lo studio report, indubbiamente il brano più pesante e "thrashy" del cd) e la strumentale "Black Telepathy" riportano il livello qualitativo di "The Way of the Light" agli apici, così come avviene con "Come With Me", una sorta di power ballad molto toccante in cui fa una ottima apparizione una sporadica voce femminile che calza davvero a pennello, così come il sempre puntuale assolo, e con la già conosciuta "Break The Chant", che sembra ripescare direttamente dalle sonorità del primo album dei Kaledon.
L'album si conclude con la tripletta composta da "Sword on the Shoulder", l'omonima "The Way of the Light" e la conclusiva "Great Night in the Land", altro episodio rimarcabile del disco che si chiude in degno modo, con un'epica e maestosa cavalcata, simbolo della liberazione della terra di Kaledon.
Dopo tanti anni di gavetta, di errori (perché no), e di esperienza, i Kaledon al terzo tentativo hanno centrato l'album della maturità, fortunatamente senza tradire il loro songwriting e mantenendo la loro identità, realizzando questo "The Way of the Light", senza dubbio una delle migliori uscite "true power" degli ultimi mesi ed indubbiamente il loro miglior lavoro fino ad ora.
Da oggi, anche gli scettici della prima era troveranno pane per i loro denti, avanti Kaledon !!!
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