*DISCLAIMER*
Se siete dei metallari fondamentalisti, fermatevi qui.
Questo non è metal. Magari vi siete già fermati al momento della lettura dell’etichetta “Elettronica”, ma nel caso siate ancora qui..andate via. Perché tanto poi lo so che passereste il tempo nei commenti a dire che questo non è metal, che fa schifo, che è la rovina della musica, quindi risparmiatemi la fatica.
Per tutti gli altri,
The Algorithm è il progetto del musicista e produttore francese
Rémi Gallego, il quale nel 2009 decide di voler metter su una band mathcore, influenzato dai Dillinger Escape Plan. La ricerca di potenziali membri interessati non porta a nulla, di conseguenza il buon Rémi decide di fare tutto da solo e, armato di chitarra e di una DAW (Digital Audio Workstation), pubblica alcune demo e inizia a frequentare i palchi della Francia e d’Europa.
La sua musica nel frattempo cambia e il mathcore rimane solo un flebile ricordo, sovrastato da influenze decisamente più elettroniche, accorpando elementi dubstep, trance e soprattutto drum and bass. Grazie all’aiuto di Mike Malyan (ex Monuments) prima e del connazionale Jean Ferry poi, i The Algorithm producono “Polymorphic Code” e “Octopus4”, sempre per Basick Records.
Questo “
Brute Force” rappresenta quindi la terza fatica per il combo transalpino, seconda con l’accoppiata Gallego – Ferry dietro gli strumenti. E..diamine, quello che salta fuori dalle 10 canzoni (9 inediti più una versione “hard mode” del singolo “Trojans”, proveniente dal primo album) è strano ma terribilmente figo. La componente elettronica è sempre predominante, ma l’apporto alla batteria di Ferry rende le composizioni decisamente più toste, strizzando fortemente l’occhio al djent e al prog, pur assolutamente non nella sua accezione più classica del termine.
Zero linee vocali, fatta eccezione per qualche intermezzo chiacchierato qua e là, ma al 99.9% abbiamo qui una dimostazione di forza bruta (nomen omen) non indifferente. Coraggio a mille, data la particolarità della proposta, ma talento impressionante..e che non si dica che fare musica è solo suonare una chitarra, un basso o una batteria, perché l’AKAI APC40 di Gallego è una bomba atomica di suoni e ritmi sincopati e forsennati.
Non piacerà a tutti, non piacerà a molti, piacerà invero davvero a pochi. Però quei pochi che riusciranno ad entrare nel mondo dei
The Algorithm troveranno in “
Brute Force” una piacevole e valida alternativa al “solito”. O all’intrattenimento intelligente, come ci insegnava il buon Luttazzi.
Quoth the Raven, Nevermore..
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