Dopo un inizio di carriera ad altissimi livelli, i
Metal Church hanno poi perso qualche colpo, anche per una forte instabilità a livello di formazione, che di coloro che realizzarono l'esordio "Metal Church" vede ora tra le sue fila il solo
Kurdt Vanderhoof.
Non è quindi una novità l'aver dovuto assistere ad un turbinio di musicisti che prendono parte ad un disco dei
Metal Church, quello che caratterizza "
XI" è invece il ritorno dietro al microfono di
Mike Howe, proprio l'ex cantante degli Heretic che aveva sostituito David Wayne a partire da "Blessing in Disguise" (1989) sino a "Hanging in the Balance" (1993) passando per lo stupendo "The Human Factor".
Tre dischi sui quali i chitarristi erano John Marshall e Craig Wells, anche se
Kurdt Vanderhoof non aveva voltato le spalle al gruppo, contribuendo al songwriting e con qualche passaggio di chitarra, pertanto la collaborazione tra quelli che possono essere considerati due pilastri della formazione statunitense non è poi del tutto inedita. Infatti, in coppia hanno scritto canzoni come "The Human Factor", "Betrayed" o "The Final Word", quindi rivederli assieme accresce, e di molto, le attese.
Aspettative che tutto sommato "
XI" rispetta, pur non arrivando ai livelli dei primi quattro album, con alcuni brani come "
No Tomorrow" e "
Suffer Fools" che sono realmente in grado di rievocare antiche sensazioni. Il tocco dei
Metal Church è immediatamente riconoscibile, tanto quanto la voce di
Howe, un grande interprete che è un vero piacere ritrovare in ottima forma dopo tanti anni passati lontano dalle scene Metal, soprattutto il songwriting è decisamente più riuscito rispetto a quello delle uscite più recenti, come nel case dell'insipido "Generation Nothing".
La line-up è completata da quegli stessi musicisti che già erano presenti su "This Present Wasteland" e il già citato "Generation Nothing", ossia la sezione ritmica composta da
Steve Unger e dall'ex Savatage
Jeff Plate, e dal chitarrista
Rick VanZandt, che conferma il suo buon affiatamento con
Vanderhoof. E le chitarre caratterizzano subito le prime battute dell'opener "
Reset" e della seguente "
Killing Your Time", pronte a ripercorrere l'intero spettro sonoro dei
Metal Church, da sempre alfieri del miglior US Power, Speed & Thrash Metal, con un occhio di riguardo per le melodie, quelle non banali bensì sinuose e talvolta malinconiche ed oscure, come quelle espresse magnificamente da una "
Signal Path" davvero da brividi. In occasione del terzetto "
Sky Falls In", "
Needle & Suture" e "
Shadow" scopriamo i
Metal Church rallentare il passo a favore di un incedere inquietante ed ipnotico, e se "
Soul Eating Machine" è un pezzo immediato e diretto, è invece la teatralità a governare "
It Waits", che cede poi il passo alla conclusiva "
Suffer Fools", all'insegna dei
Metal Church d'annata.
Forse si poteva far di meglio a livello di resa sonora non particolarmente profonda e potente, probabile conseguenza dell'aver deciso (scelta obbligata?) di registrare negli studi dello stesso
Vanderhoof che, coadiuvato da Chris Collier, si è preso cura delle registrazioni e della produzione.
Tempo fa in occasione della ristampa di "The Human Factor" conclusi la mia disanima con una pensiero che ripropongo con fiera convinzione:
.. i Metal Church hanno sempre combattuto, non sempre hanno vinto, eppure dopo ogni KO, hanno nuovamente trovato la forza per ripresentarsi.
Anche per questo meritano tutto il nostro rispetto. I was born to
reviewHear me while I
write... none shall hear a lie
Report and
interview are taken by the will
By divine right hail and
write