Con il loro irresistibile mix di Dio (Ronnie James, non l'altissimo), Bathory, Candlemass ed epic metal anni '80, gli svedesi
Grand Magus tornano sul mercato discografico con la loro ottava fatica che, sin dal titolo, mette in chiaro le intenzioni, bellicose, del terzetto.
"Swords Songs" è, infatti, un album di heavy metal "fumante" e maschio, ricco di pathos, certamente battagliero e dall'impatto immediato per via dei suoi brani brevi ed incisivi (parliamo di poco più di mezz'ora di musica), che conferma il talento del gruppo e la sua capacità in fase di songwriting, una capacità che rende capaci i nostri di catturare l'attenzione con pochi riff e semplici melodie che ti si stampano in testa e non ne escono più.
Probabilmente
Janne "JB" Christoffersson e soci hanno messo il pilota automatico: le canzoni sono tutte molto simili, tutte ugualmente gradevoli nel loro diventare inni da cantare a squarciagola, ma, forse, proprio per questo, prive di quegli spunti che rendono i vecchi lavori dei
Grand Magus piccoli "classici" del moderno heavy metal.
Tradotto in soldoni:
"Swords Songs" non è l'uscita migliore del gruppo, è un album forse un po' ruffiano, magari un attimo imborghesito, ma fottutamente piacevole da ascoltare.
Se eravate fan dei
Grand Magus, il nuovo album confermerà i vostri sentimenti nei loro riguardi, se invece non lo eravate, sono sicuro che non amate il vero heavy metal.
Per quanto mi riguarda, pur con tutti i loro limiti, gruppo imprescindibile.
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