Giovani, carini, e, grazie alla
Frontiers Music che li ha scritturati a fronte di un paio di
Ep autoprodotti, tutt’altro che
disoccupati … e dopo l’ascolto di questo loro “
For crying out loud” c’è quasi da chiedersi il perché di tanto credito.
Per introdurre la breve disamina del debutto degli
Shiraz Lane non ho trovato di meglio che parafrasare il titolo della celebre pellicola diretta da
Ben Stiller, utile anche a interpretare i dubbi che, in questo caso, le scelte professionali della prestigiosa
label partenopea hanno fatalmente instillato in questo maturo
musicofilo.
La recente prova dei finlandesi alla terza edizione del
Frontiers Rock Festival è riuscita a dirimere solo in parte la questione, giacché l’esuberanza dimostrata dal gruppo su quel palco può essere soltanto una modesta nota di merito da aggiungere all'assoluta “normalità” espressiva del loro
street metal, alimentato Skid Row, L.A. Guns, Motley Crue, Guns n' Roses e Vinnie Vincent Invasion e tuttavia ben lontano da quei livelli d’eccellenza.
A una personalità artistica non straripante si aggiunge una voce, quella di
Hannes Kett, modulata quasi sempre su frequenze altissime, sufficientemente precisa e ciò nonostante ancora molto acerba e di sicuro non particolarmente produttiva all'interno di un
songwriting un po’ troppo lineare, oltre che gravido di
cliché.
Sarà un “caso”, eppure i pezzi migliori del disco sono quelli in cui l’ugola dello
screamer finnico varia lievemente la sua gamma interpretativa … ed ecco che le cadenze ombrose di "
House of cards” riescono a fornire alcune interessanti alterazioni al canovaccio stilistico, al pari di quanto accade nella notturna "
Behind the 8-Ball” un
blues rock stradaiolo di notevole suggestione.
Altrove (“
Wake up”, “
Momma’s boy”, "
Mental slavery”, l’accattivante
title-track) tanta irruenza, qualche eccesso “ispirativo”, una buona dose di competenza e risultati emotivi complessivamente abbastanza tiepidi, mentre, sorvolando sulla mediocrità dei pezzi più romantici (“
Same ol blues”, “
Bleeding”), i falsetti scanzonati di “
Begging for mercy” e della vaporosa “
M.L.N.W.”, pur senza esaltare, sono sicuramente apprezzabili per il loro spiccato
appeal ricreativo (con barlumi di Gene The Werewolf e The Darkness).
Un disco “solo” gradevole, dunque, privo di autentici pinnacoli, realizzato da cinque ragazzini “terribili”, per certi versi anche promettenti, che però devono ancora maturare parecchio e dimostrare di possedere appieno le qualità superiori necessarie all'impietosa sfida della scena
rock n’ rollistica contemporanea.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?