Sarà che il titolo di questo lavoro dei
Messenger, “
Threnodies”, mi ricorda terribilmente TreNord, azienda con la quale ho un rapporto odio/amore decisamente sbilanciato verso il primo sentimento, ma fin dal primo ascolto del secondo disco della band londinese il sentore che ci fosse qualcosa che non andava era palese e ben vivo.
Esaltati da tanti e osannati da molti come la nuova promessa del new-prog mondiale (che suona molto una roba tipo New World Order, ma tant’è), i britannici ci presentano in un rock piuttosto classico, spruzzato di prog settantottantiano in quantità importante. Certo, cosa ci sia di “new” nel riproporre a distanza di 40 anni le sonorità di Pink Floyd e soci non lo capisco, in tutta onestà, fatto sta che a discapito di etichette e elogi, i Messenger ci sanno fare senza dubbio, senza però mai incidere davvero né tantomeno convincere.
Non danno mai l’impressione di sbagliare qualcosa, sia chiaro, ma sono troppi i momenti di stanca nei 7 brani che compongono questo nuovo album. Sarà anche la scelta coraggiosa di proporre una manciata scarsa di canzoni per una durata media di 6 minuti e mezzo, ma difficilmente vi rimarrà in testa qualcosa di eccitante al termine dell’ascolto di “Threnodies”. Forse giusto la parte finale di “
Oracles of War” o la centrale “
Celestial Spheres”, il miglior brano del lotto, ma il resto rimarrà lì nel limbo del “
Sì bello, però..”, ad affogare lento nel dimenticatoio.
Per chiudere, ribadisco il concetto: “
Threnodies” non è un album brutto e i
Messenger non sono degli incapaci, questo assolutamente no. Siamo semplicemente di fronte ad un album ben composto ma che non riesce mai a risultare intrigante quanto dovrebbe, mentre i Messenger dovranno fare molto ma molto di più per meritarsi l’etichetta di nuova promessa del prog (senza “new”) mondiale.
Quoth the Raven, Nevermore..
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?