Come mai nessuno mi ha informato che i
Sailor Free erano tornati in attività? Perché i telegiornali non hanno dato enfasi alla notizia, invece di propinarci quotidianamente gli sterili sproloqui della nostra “fantastica” classe politica? Beh, forse è “anche” colpa mia, che benché sfoghi la mia passione di
musicofilo sfruttando il potere smisurato dell’amata / odiata
Rete, sono ben poco
social …
Comunque sia, non posso che essere strafelice che
David Petrosino e i suoi sodali abbiano deciso di riprendere a diffondere il loro illuminato verbo artistico e mentre (dopo essermi rammaricato per non averlo ancora fatto!) sarò costretto a cercare di recuperare quanto prima il disco del “ritorno”, “
Spiritual revolution” (del 2012), mi appresto, con quella trepidazione concessa solo ai miei preferiti, a “affrontare” questo nuovo “
Spiritual revolution pt. 2”, la seconda parte, per l’appunto, di un
concept ispirato al “
Silmarillion” di
Tolkien, per una storia d’amore che parte dall’uomo e diventa “universale” (“[…]
per l’umanità, per la capacità d’immaginare e di rischiare, per la ricerca costante di possibili mondi migliori, per il condividere sapere e soluzioni. […]”
cfr. il
facebook della
band romana) in cui spero vivamente di ritrovare intatte tutte le caratteristiche espressive che avevano reso “
Sailor Free” e “
The fifth door” due piccoli capolavori di
prog-rock mutante da inserire senza indugio nel novero dei gioielli sottovalutati del nostro ricco panorama musicale.
Ebbene, l’
album è ancora una volta splendido, forse leggermente meno attanagliante dei suoi predecessori “storici”, eppure capace di catturare irrimediabilmente i sensi mescolando inquietudine, tensione, passionalità e raffinatezza, e così facendo raggiungere cuore e cervello con la forza invincibile della creatività e della personalità.
Eh già, perché, anche se per offrire qualche indicazione di massima all’ascoltatore inesperto, potremmo citare King Crimson, The Cult, Ultravox, Bowie, Simple Minds e Van Der Graaf Generator (finendo per spingerci fino a Riverside e a
Steven Wilson), la verità è che i
Sailor Free non rischiano di essere “confusi” con qualcun altro, ostentando quel carisma sempre meno frequente in una scena schizofrenica e livellata.
La voce di
David, profonda e straordinariamente evocativa come ai “bei tempi”, vi condurrà in quest’universo davvero straniante e magnetico, in cui sarà quasi inevitabile finire per essere “posseduti” da uno
spirito avvolgente e liquido, denso e vibrante, oscuro e visionario, impossibile da trascurare.
Tra affascinanti dissertazioni
settantiane (“
The maze of Babylon”, con un
Ribeca in versione
David Jackson), sinistre sperimentazioni elettro-tribali (“
Society”, “
Game over. It's me”), fremiti sensuali e decadenti (la ballata “
The fugitive”, non lontanissima da certi Depeche Mode, “
About time”, “
Revolutionary soul”), ricognizioni
jazzate (l’oscura “
Amazing” e il suo impressionante crescendo e la più “leggera” “
Special laws”) ed esaltanti pulsazioni psichedeliche (“
We are legion”), vi troverete quasi senza accorgervene a essere contagiati da questi suoni così variegati, intensi e vitali, espressione di classe, talento e di un’enorme forza comunicativa.
Bentornati (un po’ in ritardo,
sorry …) ragazzi … solo ora mi accorgo fino in fondo di quanto mi siete mancati …