Pur esistendo dal 2002 i
Graves At Sea giungono solo nel 2016 al debutto sulla lunga distanza.
Una gavetta così lunga ha fatto sì che la band accumulasse parecchie cose da dire, al punto che in solo 8 tracce immagazzinano un minutaggio di ben 76 minuti.
Bisogna dire che l’attesa è valsa la pena, perché il qui presente “
The Curse That Is” è un disco veramente valido, che pur ispirandosi ai numi tutelari del genere, e parlo di
Eyehategod,
Crowbar ed
Electric Wizard, lascia trasparire una certa personalità, sapendo unire al drone/doom alcuni passaggi funeral, che richiamano gli
Unearthly Trance, e intermezzi di violino a creare atmosfere lugubri e decadenti, come in “
Luna Lupus Venator”
Un altro punto vincente della band è che i passaggi drone/stoner non raggiungono quasi mai l’ipersaturazione, restando intelligibili e fruibili.
Interessante anche l’uso delle vocals, con doppia tonalità di screaming, una più acuta e una più grave, a sottolineare i diversi momenti del disco e delle canzoni.
A proposito di canzoni, sarebbe lungo cercare di descriverle tutte, vi basti ascoltare i 15 minuti e passa di “
The Ashes Made Her Beautiful”, un capolavoro di canzone che racchiude la summa e la sintesi del sound dei
Graves At Sea.
È chiaro che alla lunga il disco può avere ripetizioni e deja-vu, come è altrettanto chiaro che l’ascolto tutto d’un fiato del disco è sfibrante e mette a dura prova l’ascoltatore.
Questi essendo i punti deboli dell’album, tuttavia non inficiano la buona prova generale di un gran bel disco.
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