Quando una band è sul mercato da 30 anni, le cose sono tre: o fanno un disco ogni 10 anni tipo i TooL, o hanno raggiunto uno status tale da potersi permettere di sfornare album anche se la qualità è palesemente in calo (e qui gli esempi potrebbero sprecarsi) oppure la voglia di fare e, soprattutto, la qualità rimane intonsa nonostante il tempo passato e gli album usciti.
Nel caso dei
Paradox, gruppo tedesco fondato ormai 30 fa dal giovane (all’epoca) Charly Steinhauer, il caso è sicuramente il terzo. La qualità non è praticamente mai scemata, un po’ grazie a un turnover decisamente ampio (i componenti della band, nel corso degli anni, sono stati praticamente una trentina) e un po’ a causa di un periodo di iato durato quasi una decina d’anni, che ha portato la band a non produrre nessun disco negli anni ’90.
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Pangea” è l’ottavo lavoro dei bavaresi ed era inizialmente nato come seguito di quell’“Heresy” universalmente riconosciuto come capolavoro della band, 25 anni dopo la sua uscita. Le cose sono poi cambiate e, quello che era previsto come “Heresy pt.2” è diventato il qui presente “Pangea”, seguito sì ma esclusivamente spirituale.
Ma cos’è cambiato? Come detto, fondamentalmente nulla. I Paradox insistono con un power/thrash molto incisivo, in puro stile teutonico, fatto di armonie tipicamente power bilanciate da sfuriate chitarristiche e vocali caratterizzate da un’impronta decisamente più thrash.
Ottimo è l’apporto dei compagni di Charly, che non fanno assolutamente rimpiangere gli scudieri del passato. E ottima è anche la resa dei brani dal punto di vista puramente tecnico, con una produzione certosina e che esalta ancor di più il carattere graffiante dei Paradox. Unica pecca è forse l’eccessiva durata della seconda metà del disco, ma la qualità non sembra mai risentirne più di tanto.
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Pangea” insomma è quanto di più
Paradox potreste aspettarvi dai Paradox nel 2016, ovvero il solito talento, la solita grinta, la solita voglia di spaccare i cu..ori, il tutto rapportato all’evoluzione della musica nel nuovo millennio. Onore a Steinhauer e onore ai suoi Paradox, lunga vita a loro!
Quoth the Raven, Nevermore..
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