Prosegue la ricerca sonora di
Enio Nicolini, un artista che evidentemente non si accontenta di sfruttare il credito conquistato con The Black, UT e Unreal Terror.
Sulla medesima falsariga dei sorprendenti Sloe Gin, il primo lavoro solista dell’esperto musico abruzzese esclude ancora una volta chitarre e tastiere (qui limitate ad un apporto di tipo “effettistico”) dal corredo esecutivo e consegna all'uditorio un altro concentrato di ritmiche possenti e voce umana, nello specifico affidata a una nutrita rappresentanza del
gotha fonatorio nazionale e internazionale.
“
Heavy sharing” appare, così, come una vera “
condivisione pesante” di suoni e creatività, distillata in un crogiolo massiccio e denso, forse un po’ ostico se vogliamo, eppure parecchio affascinante.
In tale contesto, sono ovviamente i cantanti, selezionati con cura e acume, a offrire il primario “tramite comunicativo” con l’astante, ma sono sicuro che agli ascoltatori più attenti non sfuggirà nemmeno l’inventiva e la versatilità con cui i brani sono stati scritti, costringendo talora le celebrità vocali coinvolte ad adattare il proprio caratteristico
modus operandi alle diverse circostanze espressive.
Una “disponibilità” che accresce la stima nei confronti di
Giacomo Gigantelli,
Luciano Palermi,
Daniele "Bud" Ancillotti e
Morby, molto abili nel non soffocare il loro carisma e allo stesso tempo assecondare uno stile compositivo cangiante e atipico.
“
Unforgiveness”, impreziosita dalla brillante prestazione del mitico “
Giga”, nel suo miscelare tensione evocativa e ambientazioni oscure, dimostra infatti di possedere una “marcia in più” e questo lo si può altresì affermare per “
Witch hunt”, un singolare numero di
epic-doom ottimamente interpretato dal
singer degli Unreal Terror, per la conturbante “
Sinner’s world”, impregnata della laringe di
“Bud” Ancillotti e per “
Escape”, una specie di combinazione tra Cop Shoot Cop e Black Sabbath a cui un grande
Morby porta in dote brandelli dei suoi Domine.
Anche gli altri ospiti dell’opera meritano comunque tutti un doveroso plauso, a partire da
Trevor dei Sadist, impegnato a concedere la propria scorticante impronta timbrica ad un’
opener brutale e minacciosa come “
Track of madness”.
“
Generation dead”, con
John “Goldfinch” Cardellino (Impero Delle Ombre) al microfono, accentua la componente tenebrosa e perniciosa, “
King of icy throne” è un’enfatica e galoppante dissertazione sonica gestita con discreta perizia da
Blaze Bayley, mentre “
See the stars” impressiona per il contrasto tra l’ugola maliosa di
Tiziana Radis (Secret Tales) e il profondo senso d’inquietudine trasmesso dalle cupe e ipnotiche strutture armoniche su cui il pezzo è edificato.
Al capitolo “sorprese” è necessario annoverare la figura di
Mahdi Khema, cantante dei Carthagods, capace di fornire un prezioso contributo all’esotico e straniante numero
hard-rock intitolato “
Amir of madness” e pure una traccia come “
Ai confini del mondo”, che con i suoi suoni sintetici e le declamazioni di
Ben Spinazzola dei Prime Target finisce anch’essa per “stupire” l’astante, sebbene in una maniera non completamente positiva.
Analogamente a quanto accaduto a “
A matter of time” degli Sloe Gin, anche “
Heavy sharing” non è un disco “facilissimo” e se aggiungiamo che per la sua stessa natura (la presenza di così tanti
vocalist, seppure assai partecipi e “allettanti” per il pubblico di riferimento …) il prodotto nell'insieme risulta fatalmente un po’ dispersivo, una sua destinazione di “nicchia” appare abbastanza scontata … poco importa, in realtà … alla base di questa musica c’è tanta motivazione e una voglia di esplorazione istigata dalla passione e da un’ispirazione aperta e visionaria … una “roba” di certo non agevole da reperire, nemmeno nelle affollate convulsioni del
rockrama contemporaneo.