Allora vediamo un po’ … un gruppo di
giovincelli americani dediti all’
hard melodico, che incidono, con il supporto di un luminare degli studi di registrazione, per un’etichetta prestigiosa, nota per la sua benemerita attività di recupero “archeologico” (svolta tramite ristampe di eccellente qualità …) e qui all’esordio con materiale inedito.
Direi che i presupposti per una grande curiosità e aspettative molto elevate ci sono tutti.
Si chiamano
Tempt, sono
newyorkesi, hanno convinto un certo
Michael Wagener (Skid Row, Mötley Crüe, Dokken, Alice Cooper, …) e la
Rock Candy Records a sostenerli per il loro debutto discografico sulla lunga distanza e, dopo l’ascolto attento di “
Runaway”, posso affermare con serenità che tanta attesa non è stata delusa alla prova dei fatti.
Questo non significa necessariamente che siamo già al cospetto di un “gigante” del genere “fatto e finito”, ma è altresì assai evidente che i nostri possono essere considerati credibili e nobili rampolli di quell’immarcescibile casata artistica che vede Van Halen, Def Leppard, Danger Danger e White Lion come imprescindibili capostipiti.
Grinta ed energia, chitarre taglienti e destrezza nelle costruzioni melodiche non mancano mai nei cinquantacinque minuti di durata dell’opera, mentre a destare qualche piccola perplessità sono alcune sporadiche pause nell’incisività del
songwriting e taluni brandelli di dipendenza ispirativa (in particolare nei confronti del
Leone Bianco, direi …) leggermente troppo invadenti.
Nulla di particolarmente “deplorevole”, in realtà, e che finisce per eclissarsi quasi del tutto quando ci si svincola dal ruolo di puntiglioso “critico” di una
gloriosa webzine musicale e liberi da ogni remora razionale ci si affida con “leggerezza” ad
anthems dalla considerevole presa emotiva come “
Comin’ on to you”, "
Use it or lose it”, “
Aamina” (presente anche in una seconda versione con diverso
mixaggio) e “
Fucked up beautiful”, o si finisce per essere conquistati, nonostante il palese tributo pagato a Journey e Van Halen, dal fascino prorompente della contagiosa "
What is love".
Davvero irresistibili e praticamente inattaccabili appaiono, poi, “
Under my skin”, una sorta di acuta interpolazione tra White Lion e Alice Cooper, "
Runaway”, un efficace momento di virile romanticismo, “
Sapphire” e “
Neuro-child”, capaci di sviluppare una forma di “aggressione” sensoriale istantanea e la sofisticata “
The fight”, che aggiunge Starship e Toto all’elenco dei “buoni maestri” della
band.
I
Tempt si rivelano una
new sensation di notevole valore e prospettiva, da accogliere con entusiasmo anche perché possono contribuire a garantire adeguatamente la “continuazione della specie” e a rilanciare la leggendaria scuola del
melodic rock yankee, ultimamente un po’ in ribasso … aiutiamoli a crescere.
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