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Non si batte il classico" recitava
Jason Statham nel delicatissimo film d’essai “
I Mercenari 2”, e non aveva tutti i torti.
Devono pensarla come il corpulento attore (?) britannico anche gli
Astrophobos, i quali, per forgiare il loro trademark sonoro, hanno ben pensato di attingere dall’aureo bacino
swedish black/death di metà anni ’90, creando così una esplosiva miscela di
Naglfar,
Dissection,
Sacramentum e
Dawn.
Nessuna spinta al progresso, nessuna istanza di modernizzazione, nessuna volontà di affrancarsi dal giogo dell’
Ancien Régime.
Simile strategia potrà venir additata come infingarda dai giovani metallari di estrazione giacobina; un fan più attempato di quella magnifica scena, invece, preferirebbe inquadrarla alla stregua di tattica avveduta.
E vincente, aggiungo io, come si poteva già comprendere dal debut “
Remnants of Forgotten Horrors”, magistrale crogiolo di melodia, violenza e gelida solennità.
Col nuovo Ep “
Enthroned in Flesh”, la band di Stoccolma altro non fa se non confermare la caparbia devozione al proprio credo musicale.
Ventun minuti di torrenziale drumming (ottima la prova del session
Fredrik Widigs, anche coi
Marduk), riffing in tremolo tagliente come uno stiletto, assoli tanto brevi quanto lancinanti e glaciale
screaming di
Mikael Broman (anche al basso, ma quello si sente poco purtroppo): questo è quanto vi attende.
Come preventivabile, si parte in quarta con due autentiche mitragliate (la ferale
title track e “
Tabula Rasa”, che chiama in causa i
Dark Funeral); si prosegue altrettanto veloci, grazie al terrificante attacco di “
Blood Libation”, immane mattanza
black cui non mancano, tuttavia, alcuni opportuni rallentamenti.
A mitigare cotanta devastazione sopraggiunge in extremis “
The Cadaver Monarch”, composizione multiforme e di lunga durata in grado di rappresentare le varie sfaccettature dell’
Astrophobos sound.
Volendo proprio spaccare il capello, potremmo rilevare una eccessiva parsimonia nel dispensare le partiture più epiche ed evocative -quelle, per intenderci, che rendevano speciali brani come “
Detestable Illumination”-, il che pone questo Ep uno scalino sotto il già citato esordio discografico nella mia classifica di gradimento.
Lo stato di salute complessivo della band si assesta comunque su ottimi livelli, e già col prossimo
full length ci sarà tempo e modo di recuperare sotto questo particolare versante.
Non si batte il classico, lo sostenevamo in premessa, ma quando i sovrani abdicano (o si immolano a
Lucifero, vero
Jon?) si apre un vuoto che qualcuno, prima o poi, è destinato a colmare.
Il trono di carne del
black/death svedese oggi è lì, pronto per esser conquistato. E voi, cari
Astrophobos, avete a mio avviso tutte le carte in regola per insediarvici.
Soltanto il tempo ci dirà…