Se questo disco fosse uscito nei primi anni '90 sarebbe già stato vecchio.
Tuttavia, poichè stiamo parlando della più longeva, insieme con i Sigh, black metal band giapponese e soprattutto perchè è impossibile non riconoscere la genuinità della proposta degli
Abigail, le considerazioni di carattere "temporale" non hanno alcuna importanza in questo contesto.
Il metal estremo del gruppo di Tokyo, fatto di puttane, alcol, sesso, black metal primordiale fortemente imbastardito dallo speed anni '80, è rimasto sempre lo stesso dal lontano 1992, così come la carica dirompente di un manipolo di musicisti che non risente del passare del tempo e delle mode.
"The Final Damnation", "solo" il sesto lavoro per un gruppo che invece detiene, probabilmente, il record mondiale degli split album rilasciati, è tutto nelle parole che ho scritto sopra ed è una ulteriore testimonianza che il Giappone, quando si tratta di eccessi e stranezze, non è secondo a nessuno.
Attenzione però a non sottovalutare questo album.
Gli
Abigail sono certamente un gruppo di nicchia, ma se sono diventati un nome di culto, un motivo ci sarà e, al di sotto della superficie di titoli "cazzoni" come
"Sweet Baby Metal Sluts" o
"Whisky Coke and Bitch", si nascondono musicisti tecnicamente preparati in grado, oltre che di essere sguaiati, anche di intessere inaspettate melodie, soprattutto grazie ad un'ottima chitarra solista, e di arrangiare i pezzi con intelligenza e gusto per la forma canzone.
Insomma,
"The Final Damnation", con quel suo gusto retrò, con il suo non celato amore per gruppi come Sarcofago, Slayer, primissimi Metallica o anche Death SS (ascoltate con attenzione lo screaming del singer e ditemi chi vi ricorda), difficilmente potrà deludere i più nostalgici tra di voi e costituisce, senza dubbio, un piacevole ascolto che vi renderà felici.
A patto che siate ubriachi, ovviamente!
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