Nuovo album, il secondo, per gli svizzeri Godiva, e rispetto all'omonimo disco d'esordio non si registrano clamorosi miglioramenti. Quello che risulta subito evidente è invece la presenza in formazione del cantante Fernando Garcia, noto per la sua passata militanza nei Victory, sicuramente bravo ma non in grado di cambiare le carte in tavola.
"Call Me Under 666", titolo cattivo e provocatorio, mantiene i Godiva in bilico tra l'Hard Rock ed un Heavy Metal d'annata, potente ma mai esasperato, e, ad essere onesti, senza nemmeno grandi spunti degni d'attenzione. Questi sono ad ogni modo più facilmente localizzabili nei brani veloci e meno in quelli orientati a soluzioni più rockeggianti, quelle che reggono la seconda metà del disco. E, infatti, dopo l'intro "Headache Machine", si parte sparati con le discrete "Hellraiser" (ricorda i Sinner più tirati) e "Call Me Under 666", dove si fa sentire non poco la mano di Achim Köhler. Ma le cose migliori i Godiva le ottengono con una "The Flight Of The Dragon" che si snoda drammatica ed epica, fino al un refrain, non originale, ma almeno azzeccato.
Per il resto si fanno apprezzare "Maneater", a cavallo tra un fumoso feeling blues ed atmosfere orientaleggianti, che mantiene le radici dei Godiva ben salde nell'hard rock solo nel ritornello, invero piuttosto stucchevole. Prevedibile invece la priestiana "Soulkiller", che perlomeno vivacizza il finale del disco prima della conclusiva ballad, "Free My Soul", niente di eclatante sebbene ben interpretata da Fernando Garcia.
Un po' perché si tratta del secondo disco, un po' per la presenza di Garcia, mi aspettavo molto di più dai Godiva.
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