«Cavaliere: Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, mi sveli il suo volto, mi parli.
MORTE: Il suo silenzio non ti parla? »
(Ingmar Bergman - Il settimo sigillo -)
Natali comuni per i creatori di Regal Tribe, Bergman, Linneo, Svante Arrhenius...
I nostri, palpano assenze. Scavano nicchie sommerse e taciute. Oltre il canone, hanno, poco in comune, con certo metallo truce scandinavo. Meno ancora con il circo retorico e pacchiano della musica pesante.
La band tratta, con splendore mansueto, un linguaggio derivativo, fragile e pregno, Assimilati i padri, Ekeroth, Pettersson e Sundström si distendono su tappetoni ikea, tra frammenti matrigni, brandelli sfuocati e pietre di stagno.
Cuscinoni sudici, avvolgenti come sciarpe, accorpano i suoni grevi della batteria filtrando, talvolta, troppi alti.
La questione ritmica sui piatti è letterale. I tocchi sulle lamine metalliche ritualizzano il pensato in ascolto, tra radure rocciose, animali totem e penombre infuocate.
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