La storia dei Faith si presta ad un parallelismo con quella degli Yawning Man, band americana che ho avuto modo di recensire pochissimo tempo fa.
Il trio svedese, come quello statunitense, ha origini antiche risalenti alla metà degli anni ’80 e si è mantenuto attivo fino ad oggi con lo schieramento immutato, ma l’analogia più sorprendente è che anche i Faith, pur avendo ottenuto all’epoca un certo successo locale, hanno dovuto attendere la bellezza di circa vent’anni per poter pubblicare il loro primo full-lenght. Infatti il presente “Salvation lies within” è uscito in edizione vinilica solamente nel 2003 per la Stormbringer Productions ed ora viene rilanciato su cd grazie alla nostra label Underground Symphony, dopo accordi con gli scandinavi.
Queste in sintesi le note importanti riguardo la band, tralasciando gli inevitabili periodi di crisi e silenzio, che ora può finalmente proporci il suo buon doom metal influenzato dall’atmosfera degli eightees, ma capace anche di sviluppare qualche linea di sperimentazione frutto della lunga esperienza accumulata nel tempo.
Un lavoro composto da brani solidi nel solco della tradizione del genere, di ottimo livello tecnico, infarciti di elementi della vecchia scuola, talvolta lenti e solenni altrimenti più aperti al dinamismo heavy, attraversati da ombre doomeggianti appena malinconiche ma non opprimenti. I punti di riferimento, escludendo i soliti colossi tipo Candlemass, possono essere Krux, Minotauri, World Below, i nostri Thunderstorm e magari gli eccelsi Abdullah specie per quanto riguarda la fase vocale, anche qui legata ad un’interpretazione pulita e serenamente melodica, per nulla esasperata.
Ciò che rende i Faith leggermente particolari, quindi maggiormente interessanti, sono piccoli tocchi di originalità inseriti in diverse canzoni. Lievi accenni quasi stravaganti, come la breve apparizione di una tromba a spezzare l’incedere compatto e severo di “Hatred”, oppure più omogenei al discorso vedi il richiamo a temi medievaleggianti nella lenta e sofferta “Now it’s gone” o i cori angelici che accompagnano la strumentale “Death sleep”, ed ancora svisate progressive con qualche ghirigoro tecnicista poste su basi Sabbathiane nelle articolate “Dark fate” e “Searching”, dal rifferama elegante e dagli abbondanti cambi di tempo.
Dunque nell’insieme si tratta di un disco valido, nulla di miracoloso ma concreto e classico doom metal di buon gusto e ben eseguito. Peccato per alcuni cali di tensione, su tutti una mollina “Cloack of darkness” che fa il verso ai Candlemass ma con troppo poco pathos, che seppur fisiologici in un lavoro che raggiunge l’ora di durata, impediscono un giudizio di livello superiore.
Il fatto che i Faith si dimostrino una formazione degna ed interessante aumenta lo stupore ed il dispiacere per il tempo che la band ha dovuto attendere per poter fare il proprio esordio. Con tutto quello che si sente in giro, i discografici potevano dar loro fiducia molto prima.
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