Non fatevi fuorviare dal fatto che i Circulus incidono per la Rise Above di Lee Dorrian, questa formazione non ha nulla a che spartire con doom, stoner, sludge, heavy metal, ecc, non si può nemmeno definire propriamente una rock band e la componente elettrica nella loro musica risulta nettamente minoritaria.
In realtà i Circulus sono una specie di collettivo artistico, originario di Londra, che si è proposto di attualizzare le sonorità, le tradizioni, le leggende, la cultura, del passato folk-medievale britannico. Il progetto opera su molti livelli, da quello strumentale a quello lirico, dalla ricostruzione dell’atmosfera finanche all’aspetto visivo, come si può notare dalle immagini che ritraggono i componenti abbigliati da armigeri, cavalieri, damigelle e contadini bretoni.
Il loro album è la diretta conseguenza di tale attitudine, una serie di ballate e madrigali che rimandano all’antichità anglosassone e legati in parte al ciclo della natura, talvolta temi gioiosi e ballabili dal sapore primaverile in altri momenti nebbiosi ed autunnali, screziati di sottile nostalgia.
I protagonisti principali del lavoro sono strumenti etno-popolari come flauti, liuti, mandolini, tamburelli, ai quali si aggiungono le voci soliste maschile e femminile nonché sostanziosi cori misti. Rilevante in questo senso la partecipazione dell’ospite Marian Segal, cantante folk che ebbe notorietà negli anni ’70 con il gruppo Jade, la quale torna su disco dopo un lunghissimo periodo di silenzio, oltretutto con un brano composto per la sua vecchia formazione e rimasto inedito (“Swallow”).
C’è poi la presenza degli elementi moderni, soprattutto moog e synth ma anche chitarre e batteria, necessari per il processo di ringiovanimento del sound e per evitare ai Circulus una dimensione esageratamente di nicchia per soli cultori del periodo storico.
Episodi come “Miri it is” o “Power to the pixies”, nei quali passato e presente si uniscono in armonia senza dimenticare un soffio di humor inglese a livello di testi, sono esempi perfetti del discorso folk proposto dai Circulus. Su basi acustiche derivate da ancestrali tradizioni delle campagne, impregnate di magico fascino feudale, s’innestano le correzioni moderne sotto forma di vellutate punteggiature psichedeliche, creando soluzioni ibride certamente inconsuete e degne d’interesse.
Dove l’elettricità rock diviene più marcata o dove un bellissimo flauto domina la scena, diventano inevitabili i parallelismi con la corrente progressiva di Jethro Tull o Focus (“Orpheus”), mentre altri passaggi aprono analogie con l’area neo-psichedelica di Ozric Tentacles, Sun Dial, Instant Flight, (“The scarecrow, We are on lost, The aphid”) per le sonorità che assumono connotati liquidi e sognanti e si intrecciano con una delicata corrente pop-melodica.
Il gruppo inglese ha dato vita ad una proposta chiaramente particolare che nel suo contesto appare senz’altro riuscita, ora resta soltanto la non facile impresa d’individuare un pubblico adatto al progetto. Escluderei gli integralisti hard/heavy di qualsiasi corrente, oltre a tutta la schiera dei modernisti, così restano soltanto gli appassionati di vedute molto larghe sia in campo psych che ovviamente folk. Una musica che se ascoltata con il giusto spirito può ammaliare, ma è consigliabile un assaggio preventivo per evitare delusioni.
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