Partiti come post-black metal band nel 2011 con il nome di Deafknife, dopo aver pubblicato due album di lunga durata, il gruppo russo di Krasnoyarsk, ridente cittadina della Siberia, torna sul mercato discografico con un nuovo nome, un nuovo album, il qui presente
"Kadath" ed un nuovo stile.
In verità gli
Ultar non abbandonano le derive "post" della loro precedente incarnazione, ma le integrano con una proposta più classicamente black, con un suono, cioè, freddo, veloce ed incazzato.
Il risultato delle intenzioni del gruppo è un album di sei brani, di cui la conclusiva titletrack di ben 16 minuti, dalle tematiche lovecraftiane (basta che diate un occhio ai titoli..) e dal suono che unisce influenze che vanno dai Deafheaven fino ai Drudkh passando per una componente post-rock che, come ricordavo all'inizio, rimane ben presente nelle strutture dei brani.
"Kadath" non è un lavoro particolarmente ispirato e nemmeno originale e si limita a ripetere soluzioni già sperimentate da altri artisti: va comunque detto che le intuizioni melodiche sono di buona fattura ed il loro contrasto con lo scream selvaggio del singer e con le parti più tirate certamente utile a creare la giusta atmosfera per un album del genere.
Una atmosfera, quindi, invernale e malinconica, epica, in bilico tra le fughe melodiche e lo stridore del black metal, che certamente saprà piacere a chi del metallo nero vuole conoscere ogni sfumatura ed ogni suggestione.
Gli
Ultar, concludo, sono un gruppo dalle buone potenzialità che, parere mio, possono essere sfruttate meglio, soprattutto se i Nostri saranno in grado di personalizzare maggiormente la loro musica.
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