Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:65 min.
Etichetta:Earache
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. VELOCITY
  2. SUSTAINED CONNECTION
  3. LOST PLEIAD
  4. RECEIVER
  5. REMOTE VIEWING
  6. INERTIAL GRIND
  7. CYGNUS X-1
  8. THROUGHOUT THE MOMENT
  9. WOVEN IMBALANCE
  10. BOUNDLESS INTENT (PART 1)
  11. BOUNDLESS INTENT (PART 2)
  12. SUBJECT TO CHANGE
  13. EVENT DUALITY
  14. AUDIO SYNTHESIS
  15. RECONDITIONED

Line up

  • Mark Palfreyman: vocals, bass
  • Mark A. Evans: guitars
  • Scott Young: guitars
  • Matt Racovalis: drums

Voto medio utenti

Uscito originariamente nel settembre del 2004, il presente secondo lavoro degli australiani Alarum è stato nel corso di questo anno stampato da parte della Earache, garantendo così alla giovane e promettente formazione di poter raggiungere il grande pubblico con una proposta musicale interessante e davvero valida. Avevo sentito parlare della band prima di ascoltare il disco in merito alle proprie doti tecniche e compositive, un misto tra Atheist, Watchtower e Cynic, e quello che si è rivelato poi essere il presente "Eventuality" effettivamente si propone come un concentrato di tecnica, potenza, aggressività ed estrosità. I quattro ragazzi di Melbourne danno vita ad un disco estremamente complicato e variegato, sostanzialmente oscillante tra progressive metal e techno thrash, con una fitta dose di inserti fusion, passaggi acustici e atmosferici, cambi di tempo e improvvisi sbalzi d'umore che a volte sfociano in violente accelerazioni e complesse articolazioni di chitarra. Chi ha colto il significato musicale di quanto detto finora avrà ben chiaro che cosa possano offrire gli Alarum e su quale piano porre il presente lavoro: un disco decisamente complesso, estremo e non facilmente assimilabile, quel classico disco che o illumina l'ascoltatore o lo trascina verso una noia mortale fatta di funambolismi da conservatorio e forzati estremismi di difficile comprensione. Il giudizio soggettivo di chi scrive propende più per questa seconda interpretazione, pur non svalutando, e ci mancherebbe, il lavoro svolto e le grandi capacità di questa formazione. Ma l'eccessivo eccesso (concedete il gioco di parole) proprio di questo lavoro mi porta a non vederne nulla di geniale o di davvero lodevole, senza contare le effettive pecche di questo album, dalla produzione poco curata e poco valorizzante quanto proposto, al cantato anonimo e a tratti quasi sgradevole di Mark Palfreyman, impegnato anche in veste di bassista. Un disco di certo non facile, ma credo di sicuro interesse più per gli amanti del prog che per ogni altro ascoltatore onnivoro di metal in generale.
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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