Credo che
Göran Edman sia uno dei cantanti più invidiati (e stimati ...) del
rockrama internazionale.
E’ veramente difficile trovare un disco, tra i tanti a cui il
vocalist svedese ha preso parte, in cui la sua laringe non sia stata in grado di “fare la differenza”, solcando generi e sfumature musicali (Madison, Kharma, John Norum, Yngwie Malmsteen, Glory, Brazen Abbot, Street Talk, …) con incredibile disinvoltura e costante qualità interpretativa.
Ben consapevoli di tale confortante assioma, non rimane che valutare il “resto” di questi
Cry of Dawn, scoprendo che anch’esso è capace di garantire, per “storia” più o meno recente, una notevole competenza e sensibilità nell’ambito dei soffici e lussureggianti pascoli del
rock melodico.
Daniel Flores (Find Me, Murder Of My Sweet, First Signal, … anche produttore dell’opera),
Sören Kronqvist e la
new sensation Michael Palace (Find Me e First Signal, nonché artefice con i suoi Palace dell’ottimo “
Master of the universe”) sono tutt’altro che dei
carneadi del settore e se aggiungiamo che al
songbook di “
Cry of dawn” hanno contribuito pure
Steve Newman,
Alessandro Del Vecchio,
Daniel Palmqvist e
Robert Säll appare chiaro che abbiamo a che fare con una di quelle
all-star band che tanto piacciono alla
Frontiers Music e alla discografia contemporanea.
E allora, eccoci di nuovo a dover affrontare con quel tipico miscuglio di aspettative elevate, diffidenza e fiducia il lavoro di un gruppo che con tutta probabilità non nasce in maniera straordinariamente “spontanea” e che assume le caratteristiche effimere di un “progetto” privo, fin dalle premesse, di consolidate prospettive.
Ebbene, sapete cosa vi dico? Svincolatevi (magari non senza una certa difficoltà, come ho fatto io …) da ogni considerazione “razionale” e affidatevi a “cuor leggero” al programma dell’albo … in questo modo, qualora siate estimatori di Night Ranger, Journey, Bad English e Survivor, vedrete accendersi i vostri sensi e vi troverete travolti da una benefica euforia “adulta”.
Forse non tutti i quarantasette minuti del
Cd vi assicureranno lo stesso tenore di entusiasmo, ma non rimanere inebriati dall’ascolto di "
Tell it to my heart”, “
Light a light” (una “chicca” per i fans di Survivor e Street Talk), “
Can't go on” (la mia preferita …), “
Life after love” (splendida, nella sua ariosa infettività) e “
Tell me” (puro
AOR de-luxe), dovrebbe quantomeno indurvi a riflettere sul fatto che non siete più in grado di apprezzare le canzoni impregnate d’immediata passionalità e di vibrante tensione espressiva.
Altrove troverete situazioni appena meno incisive (“
Chance”, con qualcosa degli Asia nell’impasto armonico, “
When right is wrong”, l’enfatica malinconia di “
Building towers”, il suggestivo romanticismo di “
Hands around my heart”) e un paio di piacevoli “riempitivi”, per un prodotto complessivamente pieno di classe, buongusto e professionalità.
Una grande voce, musicisti eccellenti e una manciata di belle canzoni … direi che per ora ci si può tranquillamente “accontentare” …