I
Rotör sono una nuovissima band finlandese che ha trovato un modo originale per presentare al mondo il debut album intitolato
“Musta Kasi”. Esce, infatti, su vinile doppio in edizione limitata a 500 copie di cui 300 con copertina rossa e 200 con copertina nera. Copertina che trovo piacevole nel suo evidente tentativo di riportare alla mente i robot giapponesi degli anni 80 di cui quasi tutti noi cresciuti in quel periodo siamo stati appassionati. La scelta del vinile a tiratura ridotta è sicuramente coraggiosa e insolita, ma non del tutto retrò dal momento in cui possiamo tranquillamente acquistare il disco in formato mp3 sulle piattaforme più note. Se questo non bastasse, i nostri amici hanno avuto la brillante idea di usare il loro idioma natio per tutte le canzoni. Apprezzabile senza alcun dubbio, ma altrettanto rischioso visto che il finlandese non è una lingua molto musicale. Per fortuna esiste il traduttore di google che ci aiuta e quindi almeno possiamo dare un senso ai titoli. Ai testi non mi avvicino nemmeno, lasciamo che sia questo senso di mistero a guidarci all’ascolto.
Avevo la speranza che potessero essere in grado di spiazzare anche dal punto di vista strettamente musicale e invece mi è bastato leggere la striminzita biografia per restare parzialmente deluso. I
Rotör suonano un classic metal in pienissimo stile NWOBHM con qualche piccola fuga nel punk (ma piccola piccola) e tanti richiami alle band di secondo piano che affollavano i locali inglesi a quei tempi. Mi vengono in mente in particolar modo gli
Angel Witch, che non sono mai riusciti ad avere il successo meritato ma che hanno indelebilmente segnato i cuori di tantissimi metallari con il loro bellissimo primo e omonimo disco.
Il principale artefice di quasi tutto è il chitarrista
JVH che nel 2010 ha iniziato a buttar giù tanto di quel materiale che non sapeva più che farsene e ha deciso di chiamare altri tizi con nomi triletterali che tanto vanno di moda in Finlandia. Ed ecco che
JVH, TJP, SKK, VPV e
VHP danno vita ai
Rotör. Questi sono matti da legare. Però so simpatici.
Tutto quello che ci aspetterebbe da un album NWOBHM fa la sua bella comparsa in questo
“Musta Kasi” o
“Black Hand” se preferite la versione per tutti i non finlandofoni (non so nemmeno se esiste questa definizione). Ci sono assoli ovunque, le ritmiche sono sempre sostenute, la voce è presa direttamente dal punk più cattivo e i chorus a-la
Motorhead sono un martello pneumatico. Non ci sono onestamente canzoni bellissime o bruttissime. Tutte mantengono un discreto livello sia nel songwriting che nell’esecuzione, ma soprattutto non abbiamo “fotocopie” di altri gruppi e questo in un disco così sfacciatamente vintage può essere soltanto un pregio. Certo, ci sono momenti migliori come l’opener
“Avattu Hauta” o
“Valittu” e momenti così così come
“Rottoripaa”, ma niente che possa inficiare più di tanto sul valore generale.
In un periodo in cui la Scandinavia partorisce abomini votati al denaro e alla fama come
Amaranthe e
Sonic Syndicate, trovarsi tra le mani questo “Musta Kasi” accende nel cuore del sottoscritto un minimo di speranza verso un mondo che prima era quasi un circolo elitario, che se ne fregava delle regole stilistiche imposte dalle Major e che incarnava tutti quei valori così distanti dalle masse abituate ad ascoltare musica commerciale. I Rotör non saranno mai i nuovi Maiden e probabilmente scompariranno molto presto, ma trasmettono passione per il nostro heavy metal e certamente non vanno a caccia di contratti faraonici o 50 milioni di visualizzazioni su YouTube. E per questo gli voglio un gran bene.
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