Questo disco non può assolutamente mancare nelle collezioni di ogni
musicofilo che abbia a cuore le sorti del “metallo italiano”.
La recensione di questa favolosa ristampa su
Cd (completamente rimasterizzata) targata
Jolly Roger Records, potrebbe anche finire qui, ma forse è doveroso aggiungere comunque qualche informazione supplementare su una pubblicazione di cui tutti i nostri lettori (spero …) hanno almeno sentito parlare e che da oggi non è più appannaggio esclusivo d’indefessi “ricercatori vinilici” o maturi collezionisti.
Nata dalle intuizioni di
Claudio Sorge e
Beppe Riva, questa
compilation (che seguiva la pubblicazione di “
Gathered”, antologia analoga dedicata alla
new-wave, con i Death SS in scaletta, a testimonianza della loro difficile collocazione stilistica …) rappresenta in qualche modo il “big bang” del
metal tricolore, fino ad allora (1983) delineatosi attraverso una manciata di uscite “professionali” (Vanadium, Vanexa, Death SS, Strike, Dark Lord, …) e tantissimo ardore
underground.
Fu proprio la sezione dedicata ai
demo-tapes (“
Italian massacre”), all’interno della rubrica “
Heavy metal” del glorioso Rockerilla a offrire a
Riva il “terreno fertile” a cui attingere per buona parte delle sue difficoltose selezioni, effettuate nel tentativo, abbastanza riuscito, di fornire all’ascoltatore una panoramica variegata delle diverse sfumature del genere, senza far perdere al prodotto coerenza e continuità nella tensione espressiva.
A questo punto si dovrebbero enfatizzare le difficoltà oggettive affrontate nel realizzare un’operazione di questo tipo in una “scena” ricca, ingenua, artigianale eppure anche spesso egocentrica e presuntuosa, oppure rispolverare aneddoti simpatici (il refuso tipografico che annuncia la presenza nel programma degli
Shyning Blade, o i ritocchi “a mano” delle foto incluse nell’
artwork …) e situazioni rimaste avvolte dal mistero (perché gli acerbi Ransackers al posto dei previsti e più noti Raff?) e tuttavia quello che conta per davvero è rilevare il ruolo pionieristico di “
Heavy metal eruption”, capace di innescare un importante processo “d’emulazione” e imbrigliare nei solchi di un acetato quel flusso inarrestabile di energia e talento metallico che “dal basso” stava investendo anche le lande del nostro amato
Stivale.
Non è ovviamente da trascurare nemmeno il valore artistico specifico dell’incisione, in grado di superare con una certa disinvoltura la prova del tempo e magari al contempo alimentare il rammarico per quello che avrebbe potuto succedere e che invece, in parecchi casi, non è accaduto (perlomeno non nelle proporzioni attese).
Accanto alla mitica Strana Officina (scelta per la sua travolgente prestazione al leggendario
Festival di Certaldo … la loro “
Non sei normale” interpretava in maniera perfetta i sentimenti del “metallaro” nostrano …), ai Death SS (“
Black & violet” può ancora insegnare un “paio di cosette” ai molti frequentatori delle tenebre …), ai Crying Steel (con la Priest-
iana “
Thundergod”, brano manifesto della loro attitudine dell’epoca) e ai favolosi Elektradrive (originalissimi con una “
The lord of the ring” che mescolava Iron Maiden e Gamma!), troviamo i poderosi Helloween (“
Vikings” è una cavalcata epica che sorprenderà chi li ha conosciuti soltanto dopo la conversione
glam!), i Revenge (la pulsante “
Angels in leather” è un ottimo esempio delle qualità di
Paolo "Red Crotalo" Perdetti e
Fabrizio "Hell Throat" Ugolini), gli Shining Blade (la bellezza dello
slow “
Freakish footsteps”, apice di un
iceberg espressivo ben più ampio, non gli garantì il successo sperato) e i fantastici Steel Crown, con cui il destino è stato tutt’altro che benevolo (
R.I.P. Yako).
Il concetto stesso di "
The Italian Way of Heavy Metal", non a caso sottotitolo dell’opera, prende avvio da questi solchi, per quanto mi riguarda, semplicemente imprescindibili.