Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:46 min.
Etichetta:Cryo Chamber

Tracklist

  1. SCRIPTURES
  2. ROTTEN ORCHESTRA
  3. WHITE EYES
  4. THREE RULERS
  5. ENDLESS CAVE
  6. FORBIDDEN WISDOM
  7. GREY ECHOES

Line up

  • Oleg Puzan: all instruments

Voto medio utenti

L'ucraino Oleg Puzan, a dispetto del genere che propone, oscuro e gelido, deve essere un bel buontempone se ha deciso di chiamare il suo progetto Dronny Darko, facendo il verso al film con Jake Gyllenhaal.
Sin dal 2012 il nostro ha pubblicato una lunga serie di release, e questo è già il terzo full-length con la ottima Cryo Chamber.
Il genere proposto è, manco a dirlo, dark ambient con un approccio lowercase, ovvero minimale, non disgiunto da una buona dose di drone, il tutto con ambientazione che è sicuramente proveniente da altri mondi, o, per meglio dire, da altre galassie, dallo spazio profondo.
Le frequenze basse e disturbate di “Rotten Orchestra” rimandano direttamente al vuoto pneumatico degli sterminati spazi interstellari, dove nel buio più assoluto l’unico rumore percettibile è la radiazione di fondo dell’universo, il rumore indistinto di una grande esplosione avvenuta miliardi di anni fa.
L’essenza della musica ambient sta tutta nella possibilità dell’ascoltatore di percepire il contesto ambientale che l’autore tenta di ricreare con il proprio lavoro. La musica ambiente quindi mette al centro del proprio universo l’ascoltatore e le suggestioni indotte dalla musica.
Questo per dire che a un altro ascoltatore, fermo restando la sensazione di oscurità e di freddezza, non discutibile, potrebbero venire suggestioni diverse, come l’horror soprannaturale di “White Eyes”.
Ritengo che l’ambient cinematico di Dronny Darko è perfetto per una colonna sonora di un film sci-fi, e se siete appassionati di Alien sicuramente le atmosfere di questo “Spira Igneus” ve lo richiameranno alla mente.
Three Rulers” è un film. Immaginate di percorrere oscuri tunnel, le cui pareti sono tappezzate di una sostanza viscosa a voi sconosciuta, che cola formando stalattiti e stalagmiti, immaginate la sensazione gelida di un ambiente freddo e ostile, e nel buio l’udire di rumori indistinti, che sembrano provenire dalle viscere del pianeta sconosciuto sul quale siete atterrati. La luce blu della torcia piazzata sul casco della vostra tuta spaziale proietta ombre in lontananza, ma non abbastanza da vedere cosa c’è alla fine del tunnel, che anzi sembra non avere fine. E poi all’improvviso… “Vengono fuori dalle pareti! Vengono fuori dalle fottute pareti!”.
Insomma, ci siamo capiti. È chiaro che questo tipo di musica richiede pazienza e ascolto attento, un’esperienza immersiva, l’unica capace di trasportarci nell’ambiente creato da Dronny Darko.
Chi osa sarà ricompensato.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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