A Forest of Stars e Dødheimsgard.
Se conoscete le due band appena citate, potete immaginare la difficoltà di spiegare a parole un disco come
"Speak Not of the Laudanum Quandary", esordio per gli scozzesi
Ashenspire, che dell'approccio avantgarde degli inglesi e dei norvegesi compie una sorta di sintesi.
Aggiungete, inoltre, l'output "visionario" di Devil Doll e la follia di Pensées Nocturnes per rendere il tutto ancora più difficile...
Due sono gli elementi caratterizzanti, non gli unici comunque, dell'album: da un verso l'interpretazione vocale del leader
Alasdair Dunn che preferisce
narrare i testi, relativi alle tragedie ed assurdità dell'imperialismo inglese, piuttosto che cantarli, risultando, molto spesso, vicinissimo all'inarrivabile Bjørn Dencker (voce dei già citati Dødheimsgard), dall'altro verso l'uso costante del violino che conferisce a tutto l'album un taglio "folk", prendete il termine con le dovute cautele, ed una atmosfera quasi sinfonica stridente con le distorsioni degli strumenti metal "tradizionali".
In mezzo a questi due punti fermi, si "muove" tutto il tessuto sonoro che, in omaggio alla scelta avantgarde operata dal gruppo, rifugge la classica struttura canzone preferendole un continuo alternarsi di partiture progressive, jazz fusion e più canonicamente metal il tutto diluito all'interno di sette brani che, a parte la breve
"A Beggar's Belief", superano tutti abbondantemente i sette minuti arrivando nel caso degli ultimi due a dieci e dodici minuti.
Va da se che
"Speak Not of the Laudanum Quandary" è un lavoro complesso e, certamente, difficile da digerire per la sua ricchezza e per la sua stranezza: va detto, inoltre, che gli
Ashenspire si dimostrano abili compositori nella prima parte dell'album, dove troviamo i pezzi migliori, mentre nella seconda metà, a mio avviso, tendono a perdere la rotta sia perché mettono troppa carne al fuoco, sia perché non riescono ad evitare che la noia assalga il povero ascoltatore.
A conti fatti, il gruppo ha certamente buone idee, ma per poter aspirare alle vette toccate dai modelli ai quali si ispirano, la strada da fare è ancora tanta e tutta in salita!
L'unica conclusione possibile, considerando il genere proposto, alle mie parole è quella di approcciarvi a questo disco solo, e soltanto se, siete di mentalità MOLTO aperta e ritenete che una certa follia esecutiva sia un plus per l'ascolto della musica.
In tutti gli altri casi, girate alla larga da un lavoro del genere perché non vi piacere e perché, aggiungo io, nel settore troverete di meglio.
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