L'immedesimazione degli Orange Sunshine con il periodo a cavallo tra '60 e '70 è talmente perfetta che all'uscita del loro presente debutto nel 2001, ora ripubblicato dalla nipponica Leaf Hound, diversi giornalisti credettero di trovarsi di fronte ad un misconosciuto disco d'epoca, gettandosi sulle enciclopedie rock a caccia d'informazioni su questi presunti carneadi del passato. Un errore comunque comprensibile, tenuto conto che il terzetto di sconvolti, due olandesi ed un folle batterista/cantante portoghese, è arrivato al punto di datare l'album 1969 e d'inventarsi una stampalata pseudo-biografia che li presenta come contemporanei e concorrenti nientemeno che dei Blue Cheer!!
Tutto ciò potrebbe ridursi ad una bizzarra carnevalata, se non fosse assolutamente coerente con la proposta musicale. "Homo erectus" è realmente un lavoro che appartiene ad un'altra epoca, una fermata di quaranta minuti nell'era dell'acid-fuzz-rockblues iper-amplificato di Hendrix, Groundhogs, Stooges e più di tutto Blue Cheer, i quali trasudano da ogni nota del disco. I suoni volutamente sporchi e vinilici, uniti all'atmosfera energicamente "free" ed al fragore chitarristico incontenibile, ci permettono di rivivere in prima persona quell'esplosione di rock grezzo e volumetrico che fece seguito alla conclusione dell'epopea "peace & love" sessantiana, terminata proprio nel '69 ad Altamont sul coltello di un Hell's Angel durante il concerto dei Rolling Stones.
A questo punto il discorso diventa semplice: se odiate il revivalismo spinto in campo musicale, non siete né reduci né nostalgici del periodo in questione ed in più i vostri gusti puntano alla modernità ed al futuro, gli Orange Sunshine sono la peggior band nella quale imbattervi. Viceversa, se i vostri pensieri vanno in direzione opposta, "Homo erectus" è un piccolo gioiello da procurarsi senza indugio.
L'hard pulsante e pieno di groove di "Hush hush", i florilegi solistici in "Luv me" credibile inedito di "Vincebus eruptum", i lancinanti excursus heavy-space di "Magic ship" o gli strepitosi rockblues ultra-psych "Catfish" e "Cause I'm your man" con le loro spirali stordenti, sono soltanto alcuni dei buoni motivi per desiderare il possesso dell'album. Un disco che, non dimentichiamo, è stato poi seguito da quel "Love=acid, space=hell" senz'altro più definito e personale ma con meno istintività ed impeto di quest'esordio.
Un prodotto destinato ad un mercato di nicchia estrema, ma che non posso non consigliare a tutti coloro che posizionano le proprie radici rock nei primissimi anni '70. Chiudo con una curiosità: il nome del gruppo è riferito ad uno specifico tipo di acido, molto in voga tra i soldati americani durante la guerra del Vietnam. Anche in questo gli Orange Sunshine non smentiscono la loro fissazione per un'epoca storica mai dimenticata.
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