Ammetto con pallido ed innocente candore che mai avevo sentito nominare i
Deserted Fear prima che questo trio della Turingia raggiungesse il contratto con la loro connazionale
Century Media, dopo due album tra il 2012 ed il 2014 incisi per la sempre tedesca
F.D.A. Rekotz, piccola etichetta ma che talvolta riesce a tirare fuori l'asso dalla manica, tipo gli
Entrails, tanto per nominarne uno.
Che i tizi fossero tedeschi c'avrei scommesso sopra dopo aver sentito la voce di Mahne, al secolo
Manuel Glatter, che ci delizia anche alla chitarra ritmica, eppure il loro sound è più devoto alla scuola scandinava che a quella di
Kreator e compagnia bella, e questo lo si denota anche dalla loro richiesta di far curare al vate
Dan Swano il sound del loro secondo lavoro "
Kingdom of Worms".
Il death blackened/thrash metal dei nostri è piuttosto scolastico ed ordinario ma questo non significa che sia fatto male o che annoi: certo, non ci sono lampi di genialità o di particolare entusiasmo, ma bisogna ammettere che i Deserted Fear fanno bene quel poco che vogliono fare ed anzi i momenti in cui
Fabian Hildebrandt imbraccia la sua sei corde e crea i propri solos donando quell'atmosfera a-la-
Sacramentum e tutto il codazzo svedese, così melodici, tristi ed evocativi, si ha il meglio di questo trio tedesco ma con una dannata voglia di essere nato a Goteborg invece che ad Eisenberg.
Echi (dannati) di
Dissection e
Necrophobic emergono inquietanti dalle note di "
Open Their Gates" e sono questi i momenti in cui i nostri ottengono di più dalla loro ispirazione, mentre la parte squisitamente più thrashy (vedi "
Corrosion of Souls") risulta troppo arida ed ordinaria, priva di qualsivoglia momento di lucida follia, sebbene i Deserted Fear siano in ogni caso ottimi carpentieri, artigiani della qualità, ed i loro divani sebbene non opere d'arte risultano in ogni caso comodi e robusti.
Un album solido, non eccezionale nè capace di farci sbrilluccicare gli occhi e gli orecchi (lo so che si dice orecchie eh, no che poi mi fate gli epic fail su facebook) ma in ogni caso in grado di strappare una meritata sufficienza ed anche qualcosina di più.
Volendo, ed osando, ci si potrebbe sbilanciare sul precipizio che versa sul nero abisso delle anime perdute ed abbracciare il tormentoso male che ci conduce alla nera fiamma del black metal, in cui pare che i Deserted Fear potrebbero cavarsela meglio, ma capiamo benissimo che i più rifuggano tale eventualità, preferendo tenere i piedi su due staffe, di cui una è assolutamente quella imposta dal tupatupasound della scuola
At the Gates.
E va bene così.
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