Hanno ormai più di un quarto di secolo di carriera i teutonici
Pyogenesis e la domanda che li accompagna resta sempre la stessa: ma che genere suonano?
Ebbene anche adesso che con questo
"A kingdom to disappear" pubblicato ancora da
AFM Records giungono al settimo full length, il quesito resta senza risposta.
Se agli esordi si cimentavano con un death dal mood oscuro e cupo passando successivamente ad un pop/rock decisamente più commerciale e radio oriented (ricordiamo che 2 dei loro ex membri hanno formato i Liquido), via via nel tempo hanno toccato varie sfumature in ambito alternative rock.
Ma il caleidoscopio di generi che è presente in questa release francamente lascia ancora una volta spiazzati, segno a mio parere che il combo ha fatto centro.
Accompagnati da una tecnica di ottima levatura e da una produzione impeccabile propongono 9 tracce che raccontano le svariate anime che convivono all'interno del quartetto, ognuna con la propria importanza e senza che nessuna prevalga sull'altra.
Dopo una breve intro che potrebbe benissimo provenire da un lavoro dei Queen inizia
"Every man for himself and God against all" che cambia completamente registro attaccando subito con grande violenza e vocals in growl che però nel breve volgere di un minuto si scioglie in un rock granitico di stampo tipicamente Nickelback.
Non si riesce nemmeno ad assestarsi sulle nuove coordinate che
"I have seen my soul", con il suo incedere Volbeat-style (ascoltare "Guitar gangster & cadillac blood" per credere) ribalta nuovamente ciò che si credeva di aver capito. Si prosegue con
"It's too late (A kingdom to disappear)" dal tipico sound AOR e si arriva a
"New Helvetia", ballad acustica che potrebbe tranquillamente provenire da un album dei Blind Guardian!!!
"That's when everybody gets hurt" ammicca a sonorità tipicamente ottantiane mentre la muscolosa
"We (1848)" regala momenti di genuino hard rock schietto e davvero godibile impreziosita da un solo veramente pregevole.
"Blaze, my northern flame" omaggia probabilmente ciò che di death è rimasto nel dna del gruppo, un brano in cui riecheggiano i Norther di "Mirror of Madness".
Chiude il platter quello che è il pezzo a mio avviso migliore del lotto,
"Everlasting pain", una suite di oltre 13 minuti in cui le anime della band sin qui parallele ed indipendenti convergono e concludono il proprio discorso.
Un album folle questo
"A kingdom to disappear", che potrà sembrare incoerente al primo ascolto, ma che difficilmente passerà senza lasciare una traccia in chi avrà la pazienza di carpirne l'essenza più profonda.
"Blaze, my northern flame"
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