"Ciò che non mi uccide mi fortifica".
Probabilmente il celeberrimo aforisma di Nietzsche racchiude meglio di tante parole la carriera ed il percorso artistico degli svedesi
Evocation.
In attività dal 1991 hanno avuto numerose interruzioni nella loro storia e questo
"The Shadow Archetype" esce dopo 5 anni dall'ultimo LP "Illusion of Grandeur", periodo nel quale il combo ha dovuto affrontare l'uscita dalla formazione dei fratelli
Janne e Vesa Kenttäkumpu amici nonchè membri fondatori della band.
Per fortuna delle nostre orecchie
Palmèn, Josefsson e Jorde hanno perseverato e, dopo aver reclutato l'ottimo chitarrista
Simon Exner ed il session drummer
Per Möller Jensen, hanno iniziato a lavorare sul loro 5° full length.
Ed il risultato è una vera bomba, un puro album di Swedish death metal sulla scorta dei maestri Unleashed che però incorpora groove e vibrazioni più moderne.
Intendiamoci, le concessioni alla melodia sono funzionali a dare pathos e drammaticità alle canzoni e non certo messe affinchè si abbia un suono troppo catchy o radio oriented.
"Into ruins", l'intro strumentale, predispone e sintonizza l'ascoltatore sul mood che gli
Evocation vogliono mostrare ed infatti
"Condemned to the grave" aggredisce i timpani con i suoi riffs micidiali fatti apposta per un headbanging furioso.
"Modus operandi" combina perfettamente thrash e death ed offre una struttura molto dinamica ed un'atmosfera caotica ben sottolineata dal growling profondo di
Thomas Josefsson.
Si susseguono poi
"Children of stone" con il suo incedere iniziale lento e cadenzato ma non per questo meno violento,
"The coroner" una song fatta appositamente per essere un must in sede live e la title track
"The Shadow Archetype" che regala accenni di suono quasi industrial.
A questo punto gli
Evocation con l'acustica
"Blind Obedience" permettono di tirare il fiato e fare un lungo respiro prima di immergersi nel micidiale quartetto finale ben introdotto dalla bellissima
"Survival of the sickest" (la mia traccia preferita), un pugno di ferro avvolto in melodie di velluto.
"Sulphur and blood" spiega meglio di tante parole come la fusione tra death metal old e new school sia riuscita alla perfezione al quintetto scandinavo, così come la micidiale muraglia sonora di
"Imperium fall".
Chiude il disco l'epica
"Dark day Sunrise", un mid tempo cupo e disperato, con un bridge ed un refrain che penetrano quasi fisicamente nel cervello.
Un album veramente ben fatto, ben prodotto, con un mixaggio di suoni esemplare che però non sconfina mai nel troppo pulito che sovente rende artificiale e impersonale un disco. Gli
Evocation regalano ispirazione e sudore con questo
"The Shadow Archetype", un disco che ogni amante di questo genere di death dovrebbe ascoltare almeno una volta.
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