Chissà come sarebbe andata se, in occasione dell’esame delle superiori, avessi incentrato la mia tesina non sulla figura di
Ulisse, bensì sui
Délétère?
Sorvolando sul paradosso spazio/temporale (la band avrebbe preso vita solo dieci anni dopo) e sui presumibili sguardi smarriti dei professori, credo avrei quantomeno potuto sfoggiare una pletora di argomentazioni di ampio respiro interdisciplinare.
Avrei presumibilmente esordito con geografia, investendo alcuni minuti nella descrizione del
Canada ed in particolare della città di
Quebec, che può vantare, oltre al titolo di città più antica del
Nordamerica, anche un’ottima tradizione in tema di formazioni
black metal.
Sarei poi passato a latino, soffermandomi sulla semi-citazione di
Cicerone che fa da titolo al nuovo
EP; nulla di eccessivamente raffinato, ma pur sempre meglio di “
Illud Divinum Insanus”, per dire, oltre che capace di rispecchiare in modo fedele il fulcro tematico che da sempre contraddistingue i Nostri.
Avrei quindi approfittato dello spunto per lanciarmi su storia, rievocando così anni bui del Medioevo flagellati da pestilenza, guerra e carestia.
Ciò mi avrebbe fornito un impareggiabile gancio per citare l’
Apocalisse di Giovanni ed i famosi
Cavalieri, ma se dio vuole non ho mai preso parte all’ora di religione sin dai tempi delle elementari…
Credo che, giunto a quel punto, avrei piuttosto virato su storia dell’arte, con conseguente analisi del macabro
artwork di copertina. Valgano qui considerazioni analoghe a quelle svolte per latino: non discutiamo di chissà quale opera d’arte, però il
mood del
platter viene catturato eccome.
Il punto centrale della tesina avrebbe, da ultimo, riguardato italiano, ed in particolare la spiegazione dell’ossimoro “
caos ordinato”.
Figura retorica, questa, a mio avviso in grado di compendiare mirabilmente le caratteristiche fondanti di “
Per Aspera ad Pestilentiam”.
Il riffing efferato, i ritmi implacabili che si abbattono sull’ascoltatore come folate di vento gelido, il drumming incessante e le vocals per una volta davvero ficcanti compongono un quadro dalle pennellate senz’altro veementi, ma mai disordinate o fini a sé stesse.
È vero piuttosto il contrario: a dispetto della giovane età, i canadesi suonano sì come indemoniati, eppur possiedono calibro e padronanza della materia trattata propri dei primi della classe. La produzione ad hoc, la durata perfetta delle composizioni, la loro strutturazione semplice e non semplicistica, l’utilizzo azzeccato delle keyboards, le sottili venature epico/melodiche che sbreccano partiture sprezzanti ed altere rendono il black dei
Délétère una piacevole tortura.
Tanto per concludere l’esposizione con un altro ossimoro.
Che dite, con una tesina di tal fatta avrei avuto qualche chance di superare l’esame?
A me, in franchezza, sorge più di un dubbio, mentre non ne nutro alcuno sulla promozione dei baldi giovani che rispondono al nome di
Atheos e
Thorleïf: 7,5 abbondante (non di più solo in considerazione della scarsa durata del disco).
Due studenti del metallo nero da tenere d’occhio, con ottime prospettive future.