C’era molta attesa attorno a questo terzo lavoro dei
Lionville, indiscutibilmente uno dei capisaldi della “riscossa” del
rock melodico italiano a livello internazionale.
Confermata la gestione microfonica a una sicurezza dell’arte fonatoria come
Lars Säfsund (Work Of Art), il
mastermind della
band Stefano Lionetti per il suo debutto discografico con la
Frontiers Music si affida a una nuova competente
équipe esecutiva (
Michele Cusato alla chitarra,
Giulio Dagnino al basso e
Martino Malacrida alla batteria) e si carica sulle spalle anche il “fardello” produttivo dell’opera, per un risultato finale che pur dimostrandosi sostanzialmente all’altezza dei suoi due straordinari predecessori, desta altresì qualche piccola perplessità.
Nulla di particolarmente “preoccupante”, in realtà, ma poiché dai “
migliori ci si aspetta il meglio”, anche per la creatura artistica di
Lionetti è giunto il momento, proprio come accade a tutti i notabili, di confrontarsi fatalmente con un (recente) passato capace di costituire una pietra di paragone davvero impegnativa.
E allora diciamo che "
A world of fools” ci riconsegna un autentico talento della scrittura “adulta”, offre agli estimatori del genere un altro esemplare di spirito “radiofonico” sofisticato ed progredito e tuttavia, seppur sporadicamente, cede qualcosa sul piano della tensione emotiva.
Insomma, volendo semplificare parecchio la faccenda, scorrendo il programma del disco, a differenza di quanto accaduto nell’esordio e in “
II”, è possibile stilare delle classifiche di merito, a dimostrazione che verosimilmente non tutto ha funzionato alla perfezione nella costruzione dell’albo.
Difficile identificare la causa precisa di tale situazione … forse un’eccessiva omogeneità delle strutture armoniche e nelle sfumature sonore o forse un pizzico di debilitazione interpretativa nell’ugola comunque sempre fascinosa di
Säfsund, oppure magari, su tutto, gli effetti di un percorso evolutivo parzialmente incompiuto … la questione è che talvolta a brani di pregevole caratura sembra mancare quel “quid” decisivo che aveva strabiliato i sostenitori di Toto, Journey, Chicago, Blvd, Richard Marx e Giant.
Esaurito il ruolo del critico “zelante”, mi posso finalmente concentrare sui molteplici aspetti esaltanti che soddisfano il mio animo di (esigente,
eh …)
rockofilo e che fanno assorbire senza troppi patemi i momenti vagamente interlocutori … apre la dissertazione l’enorme impatto emotivo garantito da “
I will wait”, esuberante concentrato di melodia,
verve e sensibilità, seguita da “
Bring me back our love”, da considerare una totale delizia per i sensi di tutti gli
AOR-sters non affetti da otopatologie degenerative.
Si continua con il soffio vitale dei Toto che s’impossessa della
title-track e di “
Our good goodbye”, con l’emozione tangibile procurata dal romanticismo di “
One more night” e con una frizzante “
Livin' on the edge”, non lontana da certe cose dei Bad English.
Concludiamo l’elenco delle favorite con un attanagliante colpo da maestro di toccante ispirazione Winger-
iana intitolato “
Image of your soul”, ricordando doverosamente al lettore che anche le tracce non menzionate vantano comunque qualità importanti.
"
A world of fools” rimane un prodotto ai vertici del genere, così come i
Lionville continuano a essere una consolidata eccellenza, dotata di spiccata identità propria, di questa musica immarcescibile … recuperare il tenue barlume di brillantezza espressiva perduto, rappresenta però la “sfida” che li attende da qui al prossimo capitolo della loro prestigiosa parabola artistica.