Qualche volta riesco ancora a stupirmi, ascoltando gruppi che suonano come veterani scafati, nello scoprire che in realtà si tratta di ragazzi molto giovani e magari in attività da poco tempo. Esattamente il caso dei Grayson Manor, quartetto di Atlanta nato di recente e giunto al suo primo full-lenght. Non inganni però la bassa età media dei componenti e neppure la carriera agli inizi, perchè questa band ha accumulato oltre quattrocento concerti in meno di tre anni e quindi è tutt'altro che inesperta. Ed il lavoro svolto sul palco ha i suoi effetti positivi sul disco d'esordio. I Greyson Manor propongono high-energy rock di ottima fattura, capace all'occorrenza di pestare sodo quanto di rendersi piacevolmente orecchiabile, ed eseguito con il tiro solido e squadrato caratteristico dei praticanti di lungo corso. I riffs hanno mordente, i ganci melodici sono ottimi ed abbondanti, la tecnica è buona e la produzione scintillante, in più il vocalist Brad Cox si rivela degno discepolo della scuola dei Vince Neil ed affini. Diversi brani sfoggiano l'astuto andamento ritmato ed i ritornelli esplosivi che ambiscono all'hit da classifica ("New generation, Sweet sixteen, I've been trying"), ma non mancano un paio di siluri speed da headbanging garantito in odore di Krokus o primi Motorhead ("Set you free, High school confidential") e neppure la via della fisicità ruvida e virile sul modello Skid Row o Motley Crue ("Mamasita, Habitual refugee). Solo al termine del disco gli americani si concedono una pausa romantica ("Maggie may"), per il resto viaggiano spediti con temperature da ebollizione, interpretando senza esitazioni il ruolo di positiva party-band interessata unicamente al divertimento, le belle donne, le auto veloci ed ovviamente l'hard rock tosto e no frills. Inoltre se consideriamo che la presente uscita ha come bonus l'intero primo ep "Back on the rock", altre sei canzoni che si aggiungono alla durata complessiva portandola ad un ora bella tonda, è logico che vi siano validi motivi per promuovere i Grayson Manor. Rimane comunque l'impressione che anche in questo settore l'esagerata abbondanza di nuove formazioni finisca per renderle indistinguibili l'una dall'altra. Gente che condivide il medesimo bagaglio musicale, cresce all'ombra degli stessi idoli e si ispira a schemi identici. Bravi, onesti, preparati, professionali, ma per nulla desiderosi di uscire dalla sicurezza dei soliti tracciati e quindi alla fine praticamente intercambiabili, con la grave conseguenza che le possibilità di emergere dalla massa sono sempre più legate a fattori che esulano dal discorso stilistico. A parte questo, "Children of the manor" è certamente un buon titolo per gli appassionati del genere.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?