“Agisce in modo pericolosamente folle. Ti sussurra: «non sei all'altezza». È l'angoscia condizionata. È il turbamento della sfiga che fa tremare le gambe mentre camini lungo il precipizio. È la speranza perduta che innesca l'auto-distruzione. Ormai non avverti più la sua presenza e ti fotte il cervello eo ipso: ti fa guardare concerti attraverso uno smartphone e passare ore dietro un selfe. Con ironia beffarda, ti rimbambisce di cazzate abituandoti ad ingoiare il veleno quotidiano come il giudice di un talent crea suspense prima di eliminare il concorrente. PsychoKiller è il prodotto di un mondo fuori controllo, drogato delle sue stesse paranoie. È il mostro invisibile che ci orchestra. Una radio sempre accesa che trasmette, dentro la testa, la dose di apatia quotidiana che anestetizza, violenta i pensieri e li viviseziona trasformando emozioni fittizie e turbamenti paranoidi in inni alla vittoria: earworms senza sosta che attirano nuove vittime.
PsychoKiller è l'umana sete di auto-tortura”.
Non sono solito “sfruttare” il materiale informativo fornito a supporto delle uscite discografiche da recensire, ma in questo caso la sezione d’apertura del
presskit di “
Higher” degli
PsychoKiller era davvero troppo intrigante per non essere utilizzata come
incipit di questa breve disamina del loro secondo
full-length.
Nati nel 2013 e formati da tre ex componenti degli Hollywood Noise, i
rockers sabaudi tentano di uscire dalle affollate paludi della scena
alternativa underground con un prodotto piuttosto gradevole, capace di mescolare scorie di
grunge /
punk, brandelli
indie-pop e rifrazioni della psichedelia più fluida ed eterea, in una sorta di scontro tra urgenza e straniamento dagli effetti emotivi abbastanza intensi e coinvolgenti.
La scrittura è sagace e sufficientemente versatile, le suggestioni ispirative molteplici senza eccessi, e il tutto passa per osmosi dagli strumenti e dalle menti della
band ai sensi dell’astante con notevole facilità, garantendo un ascolto piacevole per tutta la durata dell’opera.
In questa situazione espressiva, a cui manca solo un pizzico di ulteriore varietà compositiva e interpretativa, si comincia con le allettanti catarsi vagamente
Nirvaniane di “
Tidal wave”, per poi abbandonarsi alle magnetiche rarefazioni paranoiche di “
Live your life lonely” e alle atmosfere pulsanti e visionarie della
title-track, approdando a una “
Take care of your sun” che sprigiona inebrianti vapori armonici luminescenti, resi appena meno efficaci da una patina lieve di stucchevolezza.
“
I dream it all tonight” è onirica e vertiginosa come il suo
videoclip, “
Blackhands” dà una bella scossa di caleidoscopica elettricità (con un accenno ai Rolling Stones “lisergici” inserito nell’impasto sonico), mentre “
Free to choose” non convince completamente a causa di una linea melodica un po’ troppo epidermica e retorica.
Se andiamo un po’ meglio con “
In the mood”, ancora leggermente verbosa, è con lo sbarazzino
psych-reggae n’ roll di “
Under pressure” che il programma riprende veramente quota, rimanendo nelle zone alte dell’appagamento
cardio-uditivo con “
Could you wake up”, suggestiva chiusura di un albo che merita attenzione.
Nessuna autentica “novità” e tuttavia tante piccole “sorprese” … per chi crede che la forza delle canzoni, a dispetto di ogni loro eventuale carattere “rivoluzionario”, risieda nell’emozione e nelle idee …
Psycho Killer qu'est-ce que c'est? … si chiedeva “qualcuno” … un gruppo molto interessante, è in questo caso la risposta più appropriata.
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