Pete Johansenn è uno svedese tutto particolare, vive in un suo mondo ‘non mondo’ grazie ad un alter ego di cui Animalenemy è il primo frutto artistico. Nelle sue intenzioni questo è il primo capitolo di una triologia da concludersi in futuro con la speranza di mantenere il buon contratto strappato alla Spinefarm…..Cancellata subito dal cervello la traccia tre, una versione di “Every breath you take” terribile quanto a ridondanza e scarsa aderenza del pezzo allo stile dell’artista, parliamo del disco: suoni freddi che vogliono evocare sensazioni tecnologiche, con il drum set esageratamente artificiale, tastiere a commentare e cucire i riffs delle chitarre, a dispetto di uno sound che vuole evocare passionalità in senso quasi teatrale, mirando a quell’oscuro territorio esplorato ultimamente con grande successo dagli Him, in forme però dannatamente metal. In questo senso va interpretato il pezzo “Animalenemy” con i suoi cori volutamente esagerati, il ritmo quasi disperato di “Holy wars”, il brano più convincente della raccolta, frutto distorto di certo power atmosferico e l’incalzare di “Burning already”. Il disco preso a piccole dosi può conquistare, grazie soprattutto a le curiose commistioni sonore di suoni elettronici e violino che Pete suona con grande disinvoltura; preso nella sua interezza il lavoro complessivo appare forse troppo urlato, sovradimensionato, il classico caso di un musicista con tanta, troppa carne da mettere al fuoco. Un ibrido che può prendere consensi da più pubblici nell’universo metal…..fans dei Police esclusi, temo!
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