Con i loro precedenti lavori, gli
Stormhammer non avevano fatto breccia, almeno da queste parti, e ci provano ora con il nuovo "
Welcome to the End", dove ritroviamo la stessa line-up che aveva inciso "Echoes of a Lost Paradise", quindi fronteggiata dal nuovo cantante
Jürgen Dachl.
Dopo l'intro, ci aspetta una bella partenza e finalmente una doppietta di brani, "
Northman" e la stessa titletrack, dove i bavaresi riescono a unire un bel tiro a una freschezza compositiva che spesso era mancata loro in passato. A spezzare l'armonia appena creata, arriva però "
The Heritage", pretenziosa, tra le sue tentazioni ammiccanti, corali e un’aggressività appena abbozzata. Pur più quadrata e martellante, "
Secret" non riesce a raddrizzare la rotta, perché pur mostrando i denti e qualche grugnito a livello vocale, scorre via innocua. Il medesimo effetto che suscita "
The Law" che, con quella voglia di farsi piacere, in un mix di Iced Earth e Blind Guardian, e tanto di guitarwork maideniano, suona piuttosto raffazzonata. E lo stesso può dirsi per le seguenti "
Watchmen" e "
Road to Heaven" dove gli
Stormhammer provano a far convogliare un po' di tutto, con risultati mediocri.
Parrebbe che dopo un discreto inizio l'album abbia quindi preso una brutta piega, con la formazione tedesca in balia della voglia di mostrare di essere in grado di svariare e di uscire dai limiti del Power Metal Teutonico, peccato che lo facciano claudicando e con poca convinzione.
Non credo sia un caso che le cose migliorino un po' con i chiaroscuri di "
My Dark Side" e la cavalcante "
Spirit of the Night" e anche nella conclusiva "
Black Dragon" dove su un tessuto connettivo piuttosto classico vengono piazzati alcuni passaggi cantati in growl.
Meno legati alla tradizione rispetto al proprio passato, i nuovi
Stormhammer inglobano influenze Gothic, qualche accelerazione thrashy qua e là, pure delle Death Metal vocals, in un mix che sembra alquanto forzato e rabberciato.
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