Tra i tanti gruppi venuti fuori con la "seconda" ondata del black metal nella seconda metà degli anni '90, i tedeschi
Nargaroth sono stati tra quelli che maggiormente hanno attirato le discussioni, negli ambienti underground, intorno alla loro musica: album come "Herbstleyd" e, soprattutto, il celebre "Black Metal ist Krieg" hanno diviso l'audience tra chi li considerava, e li considera tutt'ora, dei capolavori degni eredi dei grandi album del genere e chi, al contrario, li vede come proposte ridicole e certamente arrivate fuori tempo massimo.
Come sempre, a mio avviso, la verità sta nel mezzo: il signor
Ash, mastermind del gruppo, non ha di certo rivoluzionato il black metal ne scritto pietre miliari ma, va riconosciuto, è sempre stato un artista coerente e dalle indubbie capacità compositive che lo hanno portato a rilasciare lavori di qualità che, pian piano, hanno abbandonato l'aspetto raw delle prime uscite per evolversi verso soluzioni maggiormente melodiche e, se vogliamo, più personali.
In questa direzione di muove anche il nuovissimo
"Era of Threnody", album che interrompe un silenzio di oltre sette anni per i
Nargaroth e che si pone come il lavoro più ambizioso mai realizzato dai tedeschi e, certamente, come il più intimo e personale per
Ash che nelle note delle dieci canzoni che lo compongono ha riversato le esperienze e le sofferenze maturate negli ultimi anni durante i quali l'artista di Eilenburg ha vagabondato in giro per il mondo vivendo in zone rurali del Messico o all'interno di riserve indiane del Canada.
Tali fattori rendono
"Era of Threnody" un album pagano, fortemente intriso di atmosfere folk e molto evocativo grazie alle melodie, magniloquenti ed epiche, che ne caratterizzano le strutture sonore e che sono l'essenza stessa di tutto il lavoro.
Dal punto di vista squisitamente musicale si nota la grande cura posta negli arrangiamenti, nella produzione e nei suoni e viene fuori una abilità tecnica di grande rilievo, mai avuta in precedenza dai
Nargaroth, grazie alla perizia del chitarrista e bassista
Bernth, che arricchisce ogni composizione con un tocco molto delicato sia quando sono protagonisti i frequenti arpeggi di matrice folk, sia quando sono gli assolo, epici e melodici, a ritagliarsi il palcoscenico, e grazie anche all'ottimo lavoro dietro ai tamburi di
Krimh, capace sia di pestare duro sia di essere preciso e molto fantasioso.
Insomma, l'album è davvero fatto bene: l'alternanza tra le accelerazioni feroci e i momenti più evocativi, che a me hanno ricordato spesso gli Windir, l'inserimento di interessanti partiture di flamenco (volontà dichiarata di
Ash), la presenza, anche, di un paio di pezzi brevi e molto diretti, quasi alla Motorhead, e la grande cura per le melodie, esaltate sia da tastiere mai invadenti che dalla prova vocale passionale del leader, sono tutti elementi di un puzzle di sicuro valore che, mi ricollego all'inizio, se è vero che non rivoluzionerà il genere riuscirà, comunque, ad appassionare chi dal black metal non cerca solo freddo e violenza, che pure qui troverà, ma anche intelligenza, gusto melodico ed attenzione ad ogni particolare, in una semplice definizione buona musica insomma.
I
Nargaroth, dunque, si confermano, a mio modo di vedere, una realtà interessante della scena estrema, per quanto sempre confinati in una dimensione rigorosamente underground, e
"Era of Threnody" un album da ascoltare ed apprezzare sopratutto se si è di ampie vedute e se non ci si è fermati al concetto che il black metal sia (solo)
guerra...