Si può essere rockofili “maturi” e scafati, ma è innegabile che ascoltare un disco dal vivo a cui in qualche modo si è “contribuito” provoca sempre un’emozione speciale.
Se poi si tratta di uno dei tuoi (tanti) “eroi personali” che mai avresti immaginato di vedere “de visu”, appare ancora più chiaro l’approccio con cui il sottoscritto ha affrontato “
The road more or less traveled” dei favolosi
Treat, registrato nel 2016 durante quell’evento straordinario denominato
Frontiers Rock Festival (a proposito ci siamo quasi per la nuova edizione … pronti all’ennesima scorpacciata di
chic-rock?).
Rivivere le intense sensazioni di quel 23 aprile è sicuramente un “valore aggiunto” per i molti estimatori del gruppo accorsi al
Live Club di Trezzo sull'Adda e ciononostante questo lavoro si dimostra straordinariamente coinvolgente anche per chi se lo è “colpevolmente” perso in quell’indimenticabile serata.
Innanzi tutto è da sottolineare l’ottima prova complessiva della
band (aiutata, a onor del vero, da un numero considerevole di basi pre-registrate …), con un
Ernlund sugli scudi, un
Wikström sempre graffiante e le tastiere dell’ospite
Jona Tee (degli H.E.A.T .) a supportare con sensibilità e misura arrangiamenti variegati ed effervescenti.
Subito dopo è necessario rilevare l’efficacia di una scaletta irresistibile, suddivisa con oculatezza tra il glorioso “passato” degli svedesi e il loro brillante “presente”, lungo un percorso sonoro che li ha designati un caposaldo della scena scandinava melodica e li ha mantenuti, pur all’interno di un
trademark assolutamente riconoscibile e coerente, lontani dall’autocompiacimento retrospettivo.
Accade così che il clima melodrammatico e denso della
title-track dell’ultimo studio album “
Ghost of graceland” si mescoli ad arte con i guizzi Zeppelin-
eschi di “
Ready for the taking”, mentre la spumeggiante “
Papertiger” esalta i sensi e la passionale “
We own the night” li blandisce senza sterili sdilinquimenti.
I più “nostalgici” gioiranno per le smaglianti esecuzioni di “
Get you on the run” (cantata a gran voce dal pubblico … e tra di loro ... c’ero anch’io, nè!), della scattante “
Conspiracy” e della fascinosa “
World of promises”, e tuttavia sono certo che anche il più intransigente e malinconico di loro non potrà che esaltarsi per l’esotica tensione emotiva di “
Skies of Mongolia” o ancora per l’
hard-rock a “presa rapida” di “
Better the devil you know”, per il ruggito
anthemico di “
Roar” o per la spigliata ruffianeria di “
Non stop madness”.
Insomma, se avevate bisogno di un’altra conferma tangibile del colossale valore
trans-epocale dei
Treat, incapace di accusare il benché minimo segno “d’usura”, “
The road more or less traveled”, rappresenta un’occasione imperdibile … catapultatevi subito all’acquisto!
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