Cambiano i collaboratori in sede compositiva (
Fredrik Folkare, noto per il suo lavoro con Firespawn e Unleashed, fornisce un importante contributo all’opera), i musicisti (
Sam Soderlindh e
Joel Fox sostituiscono
Ludvig Turner e
Soufian Ma'Aoui, rispettivamente) e il suono (oggi più coriaceo e “modernizzato” che in passato), ma ho la netta “impressione” che gli
Adrenaline Rush anche nel loro secondo
full-length faranno discutere soprattutto per l’avvenenza della cantante
Tave Wanning che non per meriti squisitamente artistici.
Oddio, ancora una volta lei non fa nulla per “nascondere” le sue notevoli grazie e la sua voce non è esattamente un prodigio della natura e tuttavia ridurre il tutto a una questione di puro
voyeurismo musicale sarebbe parecchio ingeneroso.
Diciamo semplicemente che “
Soul survivor” è un disco di
heavy melodico variegato e godibile, abbastanza “studiato” per conquistare l’attenzione di un pubblico ampio (prettamente maschile, magari …) e non per questo del tutto privo di emozione sonora.
Il consueto ottimo lavoro
Erik Mårtensson in cabina di regia rende il suono diretto e incisivo e se è vero che il programma sconta un certo numero di pause manieristiche, bisogna anche ammettere che lo slancio
anthemico di “
Adrenaline” e della Statovarius-
esca “
Wild side” e la tensione
class-metal di “
Love like poison” e “
Stand my ground” sono tutt’altro che spiacevoli, denotando altresì un’apprezzabile “crescita” nelle doti vocali della provocante
Tave, capace poi di scurire i toni timbrici della sua laringe nelle tentazioni vagamente
symphonic / goth della solo decorosa
title-track dell’albo o nel
groove cupo e “attualizzato” della controversa "
Break the silence”.
Aggiungendo che la sferragliante e intensa costruzione melodica "
Sinner” avrebbe meritato un
refrain meno “plasticoso”, classificando “
Don’t wake me up” come un discreto numero di tumultuoso
hard-rock blues e inserendo “
Crash” tra i molteplici tentativi di replica dell’
Alice Cooper più “radiofonico”, si giunge alle considerazioni finali di questa disamina che collocano ancora una volta gli
Adrenaline Rush, al di là di ogni eventuale valutazione di tipo “sociologico” (l’atavico
machismo del
rock, il dibattito sul perseguimento dell’emancipazione femminile in tale contesto, …), in quel limbo (assai affollato, invero …) di formazioni professionalmente preparate e non ancora provviste di un’ispirazione davvero vincente.
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