Secondo album dopo il ritorno sulle scene per la trasgressiva formazione norvegese, amante delle perversioni sessuali, del greve humor nero ed ovviamente del dirty-hard rock.
Un rock che però sta diventando sempre meno “dirty” come si era già notato nel precedente “Scandinavian leather”, del quale il nuovo lavoro è la naturale prosecuzione. In sostanza è scomparso l’aspetto caustico e dissacrante dei Turbonegro, l’indole maligna e sguaiata, la rozzezza punkeggiante, il volto pericoloso ed un po’sinistro che li aveva caratterizzati in passato.
Oggi la band è in grado di produrre dell’ottimo hard anthemico con forte propensione melodica, immediato e di buona fattura, solare e divertente, ma sicuramente più ordinario rispetto agli esordi. I Turbonegro attuali sono quelli degli arrangiamenti patinati e dei cori ammiccanti di brani orecchiabili e potenzialmente radiofonici come “High on the crime” o “Stay free”, oppure delle gioiose infiltrazioni glam di “Blow me”, o ancora della semplicità vintage di rock’n’roll velocizzati ed inspessiti quali “Wasted again” e “Hot stuff/hot shit”, con i caratteristici micidiali ritornelli nati per stamparsi nel cervello
Il disco è pervaso da un’atmosfera allegra e tutto sommato leggera, meno sporca e volgare di prima, ed i travestimenti bizzarri, gli eccessi, le follie tossiche, cominciano a perdere la sostanza provocatoria e a diventare scenografici, come la finta violenza dei lottatori del Wrestling. In quest’ottica si può accettare anche il quasi-plagio ai danni di Queen e Kiss di una “City of Satan” chiusa da una problematica coda orchestrale e che di satanico ha davvero soltanto il titolo.
Ci restano un paio di episodi nei quali il gruppo sfodera i vecchi artigli graffianti, ma non bastano a recuperare quella carnalità esplosiva e corrotta che aveva reso i Turbonegro un piccolo fenomeno underground.
Alla fine “Party animals” è uno degli innumerevoli dischi tutt’altro che brutti ma neppure esaltanti, un lavoro gradevole e ben fatto tuttavia lontano dalle vette qualitative degli scandinavi. La sensazione più forte è che i tempi di “Ass cobra” e “Apocalypse dudes” siano destinati a rimanere un ricordo.
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