“
Wick” è un disco per certi versi “difficile”, ma anche parecchio affascinante.
Un albo che guarda insistentemente al passato, eppure suona “moderno”, un’opera piena d’idee e di suggestioni, che offre una visione d’insieme forse leggermente caotica e poco immediata e tuttavia piuttosto intrigante.
In tempi di ascolti frenetici e distratti i
Royal Thunder “sfidano” il pubblico dei
musicofili con un terzo
full-length profondamente “psichedelico”, intendendo tale definizione nella sua accezione più ampia possibile.
Gli americani accentuano, infatti, l’attitudine “esplorativa” del loro suono, tendendo a produrre nell’astante un’espansione delle sue percezioni sensoriali, mai come oggi sollecitate da una poetica variegata e immaginifica.
Le poche scosse di esplicita derivazione
hard-rock ("
Sinking chair", "
Turnaround"), potenti e coinvolgenti peraltro, finiscono così per essere fagocitate da un immaginario iridescente e inquieto, capace di spaziare da ipnotici mantra (“
Burning tree”) a vortici di pura energia psichica (la Jefferson Airplane-
iana “
April showers”, le sinistre scorie
folk di “
Tied”, la fluttuante
title-track, l’ammaliante “
Push”) dove la “lezione” dei
sixties appare transcodificata in una formulazione espressiva mai fastidiosamente datata.
Al quadro generale contribuiscono pure passaggi maggiormente solari (la “californiana” “
We slipped", “
Anchor”) e drammatiche ballate (“
Plans”), in un percorso sonoro in cui non sono estranei nemmeno lontani echi
dark (“
The well”, la cangiante e mistica “
We never fall asleep”), per un gruppo che verosimilmente non ha ancora completato la sua evoluzione creativa.
Due parole, infine, su
Mlny Parsonz … si tratta di una cantante di notevole valore e la sua voce (qualcosa tra
Janis Joplin,
Grace Slick e …
Perry Farrell!) riesce a essere il catalizzatore primario della situazione senza per questo finire per affossare il resto degli importanti aspetti artistici che contraddistinguono la
band.
Sebbene affetto da qualche piccola eccedente prolissità, “
Wick” è da considerare un momento nodale nella “crescita” di una formazione che non si accontenta di essere una delle tante protagoniste dell’affollata scena “revivalistica” e che anche per questa ragione merita rispetto e considerazione.
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